Sabatini bacchetta la scuola: “Lingua italiana base dell’apprendimento ma ministri la trascurano da 20 anni”

L’Italiano, ma chi lo ha visto mai? Almeno nei programmi dei ministri dell’Istruzione che si sono alternati “negli ultimi 20 anni”. A denunciare questo autentico delitto culturale è Francesco Sabatini, noto linguista, già presidente dell’Accademia della Crusca, ospite sia ieri che oggi del Cidi – Centro iniziativa democratica insegnanti – di Messina.

Questo pomeriggio, a palazzo Zanca, in un salone delle Bandiere gremito in ogni ordine di posti, ha deliziato la platea, composta per lo più da docenti, con autentiche perle. E non solo di saggezza.

“La scuola è al centro di un grande dibattito – afferma il professore emerito dell’Università La Sapienza di Roma – chi guida una comunità deve porsi la questione dell’educazione, dell’istruzione. Non sempre, tuttavia, si intravedono linee precise e attuabili”. La priorità, nella programmazione ministeriale, è data spesso allo studio della lingua inglese ma Sabatini, pur riconoscendone l’importanza, vorrebbe si facesse maggiore attenzione all’insegnamento dell’Italiano: “Non se n’è mai parlato negli ultimi 20 anni. Eppure, la capacità di capire i testi e di leggere è poco sviluppata”.

Una conoscenza adeguata della lingua parlata nel contesto in cui si vive è la condicio sine qua non dell’apprendimento e, quindi, di un’adeguata formazione. Nella visione del luminare, sarebbe importante “fare entrare nelle scuole scrittori, librai, così da fare entrare la carta scritta. La voglia di leggere – afferma – deve arrivare dal lavoro costante. La capacità di lettura è frutto di qualcosa di complesso: lo studio della lingua”. Uno studio che, insieme alla conoscenza che ne dovrebbe derivare, possa essere patrimonio di tutta la classe insegnante: “La padronanza della lingua va sviluppata da tutti i docenti in funzione delle rispettive materie”.

sabatini pubblicoAl centro del problema che, insiste, “i ministri non si sono posti”, c’è che “non si è capito cosa sia lingua per l’individuo. C’è un vuoto da colmare”, prosegue, suggerendone uno studio sotto il profilo antropologico: “Il linguaggio verbale è al vertice della persona. E’ il dato che differenzia gli umani dalle altre specie e proviene dal diverso sviluppo massa cerebrale”. L’accrescimento della capacità linguistico – cognitiva è alla base dell’istruzione. E la lingua madre è al centro della formazione “che fa da pilastro reggente del linguaggio verbale”. Da qui, il ruolo basilare dell’insegnante d’Italiano”.

Il cuore della disciplina risiede nella grammatica, il cui insegnamento – fa notare con rammarico – “non esiste all’Università, nelle facoltà di Lettere. “La grammatica – spiega è la scienza della formazione del linguaggio nella mente umana. Tutta la struttura della lingua è nel cervello ma va sviluppata. E questa – domanda retoricamente, facendo sempre il verso a chi gestisce l’istruzione nel Paese – sarebbe materia secondaria e noiosa? Non è questa un’esaltazione nazionalistica ma un valore antropologico”.

Il professore riporta, infine, all’attenzione del pubblico “l’importanza della scrittura manuale, che non va lasciata alla spontaneità della mano. Va educata, come per un pianista. Purtroppo, dietro l’istruzione premono le industrie, è bene saperlo. Spesso, in modo improprio”. Il riferimento è alle aziende che producono personal computer, che dettano un’accelerazione della scrittura digitale. “La funzione della scrittura a mano – eccepisce – secondo i neurologi, è quella di rallentare il processo di apprendimento, facendoti soffermare su quel che fai”. Favorendone, pertanto, una migliore metabolizzazione.

Tra i piccoli dettagli che spesso la scuola trascura, non a caso, c’è la posizione con cui va tenuto il foglio: “Non perpendicolare rispetto al tronco” ma obliquo, “di 35, 40 gradi, per assecondare l’anatomia del corpo umano. La produzione di segni grafici – conclude – è alla base della formazione. Trovare migliori condizioni di vita, acquisire le capacità per assicurarsi una qualità della vita superiore, al di là dei fattori ambientali e climatici, dipende dall’istruzione e dalla capacità cognitiva linguistica”. (@FabioBonasera)

 

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