“Oggi a Viterbo hanno ucciso di nuovo mio figlio” così Angela Manca alla conferenza stampa che lo scorso 23 ottobre ha fatto seguito all’udienza in cui la parte civile è stata estromessa dal processo su istanza del Pubblico Ministero, secondo cui non sarebbero legittimati a chiedere i danni all’imputata in qualità di persone danneggiate dal reato.
Un colpo di scena inatteso, che consegna una pagina nerissima alla giustizia italiana: infatti quello contro Monica Mileti, unica imputata del processo sulla morte di Attilio, che secondo l’impianto accusatorio avrebbe fornito la dose letale di eroina, sarà un dibattimento senza controparte.
Per i giudici di Viterbo la mafia non ha nulla a che vedere con la morte di Attilio Manca. Gli avvocati Antonio Ingroia e Fabio Repici si sono alzati senza dire una parola, mentre in aula più di qualcuno ha gridato: “Vergogna”.
Attilio Manca è stato trovato morto nel suo appartamento di Viterbo nel 2004 con due buchi al braccio sinistro e due siringhe rinvenute con il tappo salva ago inserito a pochi metri dal cadavere. Ma Attilio era mancino e quindi nell’ impossibilità di iniettarsi nel braccio sinistro la droga che l’avrebbe ucciso. Basterebbe solo questo a far dubitare i giudici. A cui invece non sono bastate nemmeno le testimonianze dei colleghi del medico, e le prove emerse negli ultimi dieci anni attraverso la costante battaglia per la verità da parte della famiglia Manca.
“In questi 10 anni avevo subito delusioni,amarezza, dolore da una procura sorda ad ogni nostra richiesta. – sono le parole di Angela Manca – Ci sono stati insabbiamenti, telefonate sparite dai tabulati, documentazione falsa esibita come vera, ma non mi sarei mai aspettato che nel momento in cui si apriva lo spiraglio di un processo e che potevano essere depositate le dichiarazioni di Setola fossimo buttati fuori dal processo. Una sola cosa mi dà la forza di andare avanti : gli italiani conoscono la verità e Attilio sarà ricordato e riconosciuto come vittima di mafia a cui fino ad oggi é stata negata la verità e la giustizia”.
In aula a sostenere la famiglia anche il deputato messinese Francesco D’uva (del M5s), che prima del processo con il collega Bernini e diversi aderenti al movimento, avevano organizzato un sit-in chiedendo verità sul caso Manca.
“Una pagina nerissima della giustizia di Viterbo – afferma Antonio Ingroia – . Non si è mai visto un Pubblico ministero stare dalla parte degli imputati e mettersi contro le vittime e le loro famiglie. La verità è che qualcuno ha paura delle dichiarazioni di Setola e vuole gestire il processo in famiglia”.
L’ex magistrato rassicura la famiglia di Attilio, pensando già alle prossime mosse: “Chiederemo alla Dda di Roma l’apertura formale di un’indagine per omicidio di mafia ai danni di Attilio Manca, e faremo istanza alla Procura distrettuale antimafia di Palermo di indagare, sulla base delle dichiarazioni di Setola, sulla latitanza di Provenzano a Barcellona Pozzo di Gotto, sull’operazione dello stesso a Marsiglia, sulle protezioni di cui il boss ha usufruito in oltre quarant’anni, sulla Trattativa Stato-mafia, in relazione alla morte di Attilio Manca”.
Del caso Manca si occuperà anche la Commissione Nazionale Antimafia che il 27 e 28 ottobre sarà in missione a Messina e Barcellona pg.