Capita a noi mortali. Dopo lunghi e fastidiosi malesseri un giorno di meritato benessere ci fa pensare ,e fortunatamente, ad una definitiva guarigione. Ma non è così che funziona. E ci allacciamo alla metafora per tracciare lo stato di salute del Messina Calcio che dopo settimane di preoccupante indigenza è tornata a respirare a pieni polmoni aria di guarigione. Non è stata la sola affermazione sul mirabolante(?) Lecce a riportare il Messina e i suoi supporters a debellare gli attacchi di panico che avevano immobilizzato calciatori, tecnico ,società e tifoseria. La convinzione che il disturbo psicologico possa essere stato superato viene dal carattere (da settimane latitante) che Corona e compagni sono riusciti a rispolverare nel corso della partita-verità. Era sembrato troppo anche “il troppo” delle settimane precedenti. Non potevano ,tutti assieme, trasformarsi in statuine quei ragazzotti aitanti che pur non appartenendo alla fascia qualitativa dei Totti, Pirlo o Buffon sempre calciatori con tornei impegnativi alle spalle dovrebbero essere. Ancora oggi quel “troppo” resta un mistero,almeno per noi, e non ci violentate con le vostre spiegazioni simili alle “sbronze da successo nel derby”, per carità. Ci viene più facile pensare ad una caduta collettiva determinata da un accadimento dentro o fuori lo spogliatoio che ha abbattuto pesantemente tutto e tutti. Ma non teniamo il virus della inutile curiosità né della millanteria e ci basta fotografare a volte con mano malferma quanto visto in campo ieri e oggi. Quanto visto è stato ampiamente espresso e commentato con stupore abbondantmente. Potremmo lanciarci sul terreno del non visto. E qui ci avviciniamo anche e sopratutto a Gianluchino. Ci ha intenerito tanto il bravo mister imbucato per settimane dentro quella scatola di panchina ,silenzioso, imbalsamato e passivo. Ci era sembrato un ospite della FIGC. Spettatore assente in campo e in sala stampa, con l’unica ansia di raggiungere l’aeroporto e Coverciano. Così per settimane. Ma Coverciano sembra essere stato un posto salvifico e chiarificatore per Grassadonia se domenica scorsa è di nuovo ritornato ad essere l’allenatore di un ex manipolo di sbandati. Ha lasciato la sua scatola buia, ha rivisto la squadra anche nel modulo e negli uomini da mandare in campo, ha diretto, incitato ,inciso sulla partita. Ha onorato il suo ruolo di curatore di gambe e di cervelli ed anche i suoi ragazzi se ne saranno accorti e la trasformazione è stata servita. A questo punto , se il malessere è stato proprio individuato, ci auguriamo che i nostri non scordino le medicine di sostentamento e definitiva guarigione sul comodino della foresteria. Quella foresteria che (come Coverciano per Gianluchino)è stata la casa famiglia in salsa punitiva per tutti i calciatori ma che ci ha restituito quantomeno dei giovanottoni vivi e senza paura. Speriamo quindi in Coverciano e nella foresteria per un futuro privo di ansie immobilizzanti.
Ciccio Manzo