La mancata approvazione del debito fuori bilancio nei confronti dell’Ato Me3, che ha fatto perdere alla città l’opportunità di accedere all’anticipazione di liquidità del Dl 35, “è un danno sotto il profilo tecnico, ma è un segnale preoccupante, per più motivi, sotto il profilo sia politico che istituzionale”. A parlare è Guido Signorino, in una nota.
“Certamente – prosegue il vice sindaco – l’intempestività della presentazione della delibera da parte dell’amministrazione (dovuta a sovraccarichi, rallentamenti e ritardi degli uffici che si ripetono e su cui va fatto un approfondito esame per individuare gli snodi ‘bloccati’ ed intervenire in maniera attenta ed energica) ha pesantemente influito sull’esito del provvedimento. E questa responsabilità va assunta in maniera piena dall’amministrazione stessa. Ma chi dice che questa delibera non era conosciuta, occulta il fatto che i suoi contenuti erano stati già discussi dal Consiglio nell’agosto dello scorso anno, approfonditi in un intenso lavoro di Commissione, avallati da un parere favorevole del collegio dei revisori, rivalutati nuovamente dal Consiglio che nell’ultima seduta a ciò dedicata aveva chiesto il ritiro della delibera al fine di eliminare dalla somma da riconoscere l’importo sottoposto a contenzioso tra Ato e Comune. Esattamente ciò che è stato fatto nella delibera bocciata ieri. Se il contenuto di quest’ultima non fosse stato conforme alle indicazioni provenienti dal Consiglio lo scorso anno, l’Amministrazione non l’avrebbe mai sottoposta all’aula nei tempi inaccettabilmente ristretti imposti dall’urgenza della stipula del contratto con Cassa Depositi e Prestiti. Se si vuole, anche solo per evitare il prevedibilissimo teatrino delle accuse roboanti dei consiglieri”.
Nella realtà degli atti, fa presente l’assessore al Bilancio del Comune di Messina, “questa delibera era corredata da un parere favorevole al riconoscimento dei debiti fuori bilancio inequivocabilmente espresso dai revisori, con una ‘sospensione di giudizio’ ed una richiesta di approfondimento relativa al 2007, anno che infatti veniva espunto dalla delibera con apposito emendamento. Alcuni impliciti rilievi procedimentali non ponevano in discussione né la legittimità della delibera, né la positività del giudizio tecnico. Le foglie di fico dell’intempestività del provvedimento o del parere dei revisori sono troppo piccole per coprire le contraddizioni politiche dei gruppi consiliari (di alcuni in particolare) e di un voto a mio avviso leggibile solo alla luce dell’opportunismo tattico su vari fronti giocato o della (magari comprensibile, ma certamente non giustificabile) paura personale dell’assunzione di responsabilità”.
Sotto il profilo politico l’elemento più inquietante, secondo Signorino, è dato dal fatto che, “malgrado l’importanza dell’argomento, si è registrata una bassissima partecipazione dei consiglieri, con la seduta della sera precedente andata deserta per mancato raggiungimento del quorum”. “Questo dato – ritiene – mostra il logoramento di un profilo tattico peculiare ed opportunista, per il quale nelle ultime votazioni di rilievo i gruppi riferiti al Pd, provocando anche evidente irritazione negli altri gruppi consiliari, hanno giocato a far passare le delibere ‘difficili’ (Piano di riequilibrio, Tasi, Tari), ma senza sporcarsi le mani, contando e gestendo le presenze in aula in modo che gli altri approvassero provvedimenti impopolari così da potersi smarcare con interventi populisti e voto opportunamente distribuito tra sì, no e astensioni. Insomma, facendo in modo che le castagne fossero sì estratte dal fuoco, ma con le mani degli altri. A quanto pare la festa è finita: gli altri si sono stancati di essere usati e hanno voluto dire ad un Pd attraversato da contraddizioni laceranti, evidenti anche in aula tra richieste di dimissioni rivolte ai capigruppo e attacchi personali, che l’assunzione di responsabilità deve essere condivisa. Un serio problema politico nella dinamica consiliare”.
Un altro segnale è stato poi lanciato all’amministrazione, sempre a detta del vice sindaco: “Qualcuno, anche tra coloro che hanno sostenuto il provvedimento, ha fatto intendere (anzi, lo ha detto esplicitamente nei corridoi, e fin dal giorno prima) che la mancata approvazione della delibera dovesse essere considerata come una reazione alla posizione dell’amministrazione sull’isola pedonale. Come se il riequilibrio finanziario dell’Ente possa essere considerato merce di scambio con gli atti amministrativi. Un modo di intendere la politica fatto di ripicche o ricatti senza una seria considerazione del merito o della gravità delle questioni trattate, un’impostazione che io non posso nemmeno comprendere, che forse ha orientato la gestione della città fino a giugno del 2013, ma che ha prodotto esattamente i guasti, i danni, i debiti che dobbiamo ora affrontare. È necessario invertire la rotta e avviare un nuovo sistema di relazioni politiche e istituzionali. Pena, il fallimento della politica prima che della città”.
Sotto il profilo istituzionale la bassa presenza dei consiglieri rischia di esser letta come “una strategia di fuga dai problemi. Anche negli interventi in aula è sembrato che qualcuno pensasse che, per ciò che riguarda i debiti: siccome non li ho fatti io, li posso disconoscere; siccome non mi piacciono, li posso cancellare; siccome mi spaventano, posso non affrontarli. Non è così. La continuità amministrativa implica che i danni creati dagli altri debbano essere affrontati da chi adesso si è assunto la responsabilità di governare la città, come i debiti generati da un padre passano in eredità ai figli. Ovviamente non sarebbe accettabile coprire, rinunciare alla necessità di rivelare le responsabilità soggettive di chi quei guasti ha creato, ed infatti la delibera prevedeva esplicitamente la possibilità di avviare azioni contro i responsabili di eventuali situazioni illecite. Ma chi ha chiesto ai cittadini di venire onorato della loro rappresentanza, ha altrettanto chiesto di venire onerato di una grave responsabilità, che adesso ha il dovere di portare e che è istituzionalmente inaccettabile pensare di fuggire, delegandola a propria volta ai (pochi) coraggiosi presenti”.
Signorino conclude rilevando che “così città ha perso l’opportunità di rendere più sostenibile il debito del piano di riequilibrio, non potendo più spalmare in 30 anni (con un tasso di interesse inferiore all’1,5%) un debito di circa 12 milioni di euro (o per lo meno di circa 10 milioni, con lo stralcio dell’anno 2007). I cittadini avrebbero potuto alleggerirsi, nel periodo del piano, di sette-otto milioni. L’amministrazione è impegnata a ridurre il danno determinato da questa mancata assunzione di responsabilità. Ma il servizio reso ieri ai messinesi non è certo dei migliori”.