Duro attacco, da parte delle maestranze precarie del Teatro Vittorio Emanuele, ai direttori artistici Ninni Bruschetta e Giovanni Renzo. Gli ex lavoratori dell’ente, oggi in sit-in all’ingresso del teatro, a partire dalle ore 18,30 e fino alle 20, in occasione dello spettacolo Tutti a Teatro, accusano Bruschetta e Renzo di avere loro voltato le spalle.
“Sono passati solo sei mesi – si legge in una nota a firma Slc Cgil, Uilcom e Fials Cisal – era il 28 marzo 2014, dall’ultima volta in cui il palcoscenico del Teatro Vittorio Emanuele si è riempito di suoni e voci che, a gran forza, reclamavano la riapertura di quel glorioso sipario, da troppo tempo rimasto chiuso. Quella sera, pubblico ed artisti (tecnici in organico e precari, professori d’orchestra, sarte) erano uniti in un unico comune intento: far ripartire il ‘loro’ Teatro, tenerlo vivo attraverso i suoi artisti sacrificati negli anni, da subdoli disegni messi in atto da quella politica che decide e gestisce, purtroppo, le sorti della nostra vita e del nostro futuro”.
Le maestranze ricordano la presenza, in quell’occasione, dei due artisti, “fieri e decisi a sostenere quella istanza per la quale hanno messo la loro faccia e la loro arte al fianco dei bistrattati lavoratori”.
“Quegli stessi artisti, oggi, siedono nei ruoli chiave di questo teatro – proseguono – e sono gli attuali direttori artistici. Ieri sostenitori ed oggi, con il loro operare sotto la regia della ‘nuova’ dirigenza dell’Ente, rendono concreta l’esclusione di quelle maestranze precarie che, con grande professionalità e capacità, da più di venti anni hanno onorato e reso prestigioso questo Teatro, attraverso la messa in scena di decine e decine di produzioni. Questi professionisti sono stati rimossi, eliminati, cancellati, come se non fossero mai esistiti. Non sono più nei programmi artistici del Vittorio Emanuele. Non ci sono neppure in questo momento di apparente ‘festa’ per la riapertura del Teatro; una presenza, un diritto al lavoro che dopo anni viene negato, nonostante la legge regionale ancora destini risorse finanziarie”.
I lavoratori e gli artisti esclusi ammettono che mai avrebbero immaginato che “le persone, di cui tanto abbiamo auspicato la nomina e chiamate a rimettere in piedi questo Ente mal-governato, avrebbero, di fatto, cancellato la nostra storia, il nostro diritto al lavoro, la nostra presenza al teatro, come fossimo degli abusivi”. Secondo i sindacati, tuttavia, il finale poteva pure essere scontato, “se si considera che i ruoli di governance del Vittorio Emanuele sono occupati, per buona parte, dai componenti di una compagnia di prosa privata. Nessuno – aggiungono – poteva credere che vi fosse in atto una guerra fra arti. Ora è sotto gli occhi di tutti. Uno stato di fatto esplicitato anche dalle ultime parole del sovrintendente, che non menziona la musica fra le arti del Teatro. Lo squilibrio si è profilato già con le scelte operate da un sindaco poco illuminato e vogliamo credere inconsapevole, su come ha scelto colui che è stato messo alla guida del teatro. È lo stesso sindaco che lottava con queste organizzazioni sindacali, inveendo contro le precedenti gestioni, che reputava dolose e colpevoli della precarietà e dello stato di abbandono in cui versava l’Ente; lo stesso sindaco che ora acclama un Teatro che scaccia e cancella di fatto tante gloriose professionalità”.
Gli scriventi ricordano i giovani che studiano musica e che a Messina “saranno destinati a non trovare alcuno sbocco occupazionale”. Così come gli amanti e cultori della musica e delle opere liriche, “costretti a migrare nei teatri di Catania o Palermo per godere di uno spettacolo operistico”.
“Chiunque – tuonano – riuscirebbe ad organizzare stagioni comprando spettacoli preconfezionati. Questo è sotto gli occhi di tutti, basta leggere il programma della stagione del Vittorio. Non vogliamo che questo storico teatro sia solo un contenitore senza anima e privato dalla musica. Ci vogliono una progettualità ed una programmazione diversa. Nessuno – concludono – vuole beneficenza o diritti infondati. I lavoratori tutti rivendicano un posto di lavoro che hanno ricoperto con dignità per oltre venti anni; nel tempo hanno sostenuto diverse audizioni che sono, nei fatti, dei pubblici concorsi, che hanno permesso loro di varcare le porte del Teatro Vittorio Emanuele per capacità e competenze”.