Un mistero misto al paradosso. Si tratta di una battaglia condotta dai cittadini del comune di San Pier Niceto per salvare l’antico palazzotto signorile in cui ha vissuto il dott. Placido Bruno, nato nel 1895, sindaco per quindici anni, stimato medico e benefattore di tutti sampietresi, in particolare dei più poveri, ai quali prestò assistenza sanitaria gratuitamente. Oggi i più anziani lo ricordano fervidamente per aver fatto nascere molti di loro. Si narra che alla sua morte, nel 1940, Piazza Lavinia fu invasa da persone desiderose di rendergli omaggio e che la popolazione vegliò su di lui per tre giorni e tre notti. Un fiume di gente accompagnò il feretro al cimitero.
Tuttavia, la storia del dott. Bruno ha una spiacevole continuazione. Infatti, a fronte della delibera comunale n. 102/2012, l’amministrazione ha approvato un progetto di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile. Di cosa si tratta? Della realizzazione di case popolari ed esercizi commerciali che andrebbero a sostituire, compreso l’edificio storico di Bruno, sito in Piazza Lavinia, quattro immobili, di cui uno situato su Corso Italia, via principale protagonista della famosa manifestazione dell’infiorata e gli altri due su una via che interseca il suddetto corso.
Il costo del piano di riqualificazione è di 2.059.000 euro, elargiti dalla Regione, i cui restanti 280.000 euro a carico del comune sampietrese, che è riuscito ad ottenere la somma attraverso un mutuo, la cui prima rata è stata versata nel mese di luglio.
Dal versamento della prima rata, infatti, la cittadina Antonella Nuccio ha fatto scattare una petizione online, al fine di salvaguardare un luogo che rappresenta la conservazione della memoria collettiva: “è vergognoso tutto ciò. Negli ultimi sessant’anni abbiamo assistito alla lenta, ma costante demolizione del patrimonio culturale di un paese che è di impianto medievale: palazzo Moncada, palazzo Penna, la chiesa di San Pietro, il convento dei frati Minimi, il convento delle suore Carmelitane, la Società Operaia e, di recente, un mulino del 1700 in pieno centro storico. I cittadini sampietresi sentono l’esigenza di salvare il palazzo Bruno, perché simbolo di identità, importante anche per le future generazioni. Non vorrei che l’attuale amministrazione fosse ricordata per aver cancellato questo luogo di memoria”.
Ad unirsi al coro dei cittadini anche l’ex vicesindaco avv. Francesco Ruggeri, dimessosi due anni fa, che esterna il suo completo disappunto riguardo il piano di riqualificazione comprendente la dimora dei Bruno: “è importante chiarire che non si è in disaccordo con la concessione di case popolari, ma è altrettanto importante sottolineare che non è possibile far rientrare il palazzotto all’interno di questo piano. Una struttura che, dopo la depauperazione culturale che è stata attuata negli anni precedenti, rappresenta l’ultimo baluardo di identità sampietrese. Non si tratta di riqualificazione, ma di dequalificazione, perché è indubbio che i lavori che saranno avviati apporteranno delle modifiche importanti alla struttura, in primis per la costruzione di esercizi commerciali”. Infatti, in una lettera di risposta ad un’interrogazione mossa da Ruggeri, il quale si è rivolto anche alla Soprintendenza ai Beni Culturali di Messina e alla Regione, senza, però, avere alcun esito, il sindaco Calderone lamentava di un “attacco mediatico rivolto all’Amministrazione da me guidata” e precisava che “l’immobile non verrà demolito, ma restaurato e verrà migliorato da un punto di vista igienico-sanitario”. La domanda che sorge, però, è: come può essere restaurato un palazzo storico se vengono costruiti degli esercizi commerciali che apporteranno delle dovute modifiche evidenti sul piano estetico?
Inoltre, come precisato da Calderone, il progetto era già stato approvato dall’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente con D.A. n. 340, il 22/03/2006 e confermato dallo stesso Assessorato nel 2008, ma, nel 2011, sorge un’incongruenza che rende, oggi, la protesta dei cittadini sampietresi più pesante e forte. Con la delibera n. 118 del 28/09/2011, l’architetto Paolo Bucca, impegnato in un altro progetto e facente parte del Completamento del Programma di Recupero nell’ambito del PIT 22 e del Contratto di Quartiere II, aveva giudicato il palazzo Bruno di “particolare valenza architettonica”, prevedendone, dunque, l’esproprio e la destinazione come centro polivalente culturale. Il problema sorge quando è lo stesso Bucca a impiegare la propria società, Teknographics Service s.a.s., per realizzare l’opera di riqualificazione approvata nella delibera del 2012.
Sono molte le domande che sorgono: perché, improvvisamente, palazzo Bruno può diventare casa popolare? Perché la Soprintendenza non ha posto alcun vincolo all’immobile storico e si è chiusa nel silenzio, così come la Regione? Nel frattempo continua la raccolta firme e la campagna di sensibilizzazione per salvare il palazzo, attendendo doverose ed urgenti risposte, ma soprattutto la possibilità che sia stralciato dal progetto di riqualificazione l’immobile appartenuto al Dr. Bruno, per poterlo utilizzare per manifestazioni culturali, come conferenze, mostre, eventi ecc…
Qui di seguito il link per firmare la petizione: http://www.change.org/p/assessorato-ai-beni-culturali-e-dell-identit%C3%A0-siciliana-della-regione-sicilia-proteggiamo-la-casa-del-dott-placido-bruno-difendiamo-la-nostra-storia?share_id=BsqSOgwXQQ&utm_campaign=share_button_action_box&utm_medium=facebook&utm_source=share_petition
(CLARISSA COMUNALE)