Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Cgil, Cisl e Uil su Bluferries, i livelli occupazionali a rischio e l’attraversamento della città da parte dei tir.
Adesso le chiacchiere stanno a zero. La vicenda di Bluferries in tutta la sua drammaticità e quella dei servizi metromare con un copione che si ripete nonostante annunci, impegni e allarmi rimasti inascoltati tolgono ogni alibi e fanno chiarezza di una condizione complicata che si è invece voluta gestire con gli slogan. Bluferries sposta le navi a Tremestieri per ragioni economiche. L’ordinanza comunale anti-tir fa venir meno l’80% degli incassi, che deriva appunto dai Tir, ed è praticamente impossibile per la società coprire i costi con auto e passeggeri. La società a questo punto sceglie di spostarsi dove può ancora trasportare gommato pesante e con meno personale.
Le norme che gli consentono di utilizzare meno personale, non imbarcando più passeggeri, in realtà non sono determinanti ma costituiscono certamente una ulteriore convenienza perché come sanno tutti i guadagni si fanno con i tir. Bluferries, capitale pubblico a parte, non ha alcun obbligo di legge riguardo la continuità territoriale ed al pari di qualsiasi altro armatore privato sposta quindi le navi dove guadagna. Non esiste infatti nessuna norma che imponga ad aziende, sia esse pubbliche che private, la realizzazione di quel principio costituzionalmente previsto della mobilità nel territorio nazionale e neppure di operare in perdita economica. Ma lo spostamento di navi dal porto storico a Tremestieri, purtroppo per Messina, non é indifferente. Perché in quest’ultimo terminal non è consentito il trasporto passeggeri, perché se anche lo fosse questi non potrebbero raggiungerlo vista la mancanza di collegamenti pubblici, per la distanza da stazione ferroviaria e terminal bus, per l’allungamento dei tempi per la traversata, non significativa per i Tir, ma insopportabile per i pendolari. Tir e passeggeri, lo si accetti o meno, in queste condizioni sono quindi due facce della stessa medaglia. E se si obbligano i primi ad imbarcarsi lì dove i secondi non possono é molto probabile che qualche problema alla fine si determina.
Tutto ciò era prevedibile: aziende, lavoratori, sindacati ed utenti conoscono da tempo questa amara realtà e sanno perfettamente che la spallata ai tir senza una ragionata previsione dei suoi effetti, la realizzazione delle infrastrutture necessarie, la previsione e il finanziamento dei servizi alternativi e complementari, alla fine avrebbe portato ad una riduzione dell’occupazione, al peggioramento delle condizioni per i passeggeri, all’aumento delle difficoltà per le aziende causata dalla complicatissima movimentazione delle merci in città che logicamente si tradurrà in un conseguente aumento dei costi di trasporto e dei prodotti. La salvaguardia della salute e della sicurezza dei cittadini sono princìpi sui quali siamo tutti d’accordo. Ma noi non ci rassegniamo a scegliere tra tir ed il resto e vogliamo testardamente cercare soluzioni mediate che tengano conto delle opposte necessità. Ci opporremo sempre a quell’odioso derby che mette da una parte chi si crede garantito, che legittimamente – anche se con qualche egoismo – rivendica un miglioramento della qualità della vita, senza se e senza ma, e chi, a causa di queste scelte, vede mettere a rischio il proprio lavoro o servizi pubblici indispensabili. Si possono prevedere divieti, ma non si possono obbligare aziende pubbliche e private ad accollarsi costi derivanti da scelte delle comunità locali.
Da questo punto di vista le aziende sono libere di restare o andare via. È, pertanto, necessario che le istituzioni locali mettano finalmente in pratica quei percorsi di composizione che consentono agli armatori di mantenere almeno in parte la loro convenienza, liberando il traffico cittadino, evitando l’aumento delle tariffe e garantendo quei servizi collaterali che garantiscono la mobilità dei passeggeri. Allo stesso modo bisogna ottenere che lo Stato, che da anni non ha voluto mai rifinanziare nemmeno il servizio di trasporto passeggeri veloce metromare, trovi le risorse stabilisca le regole ed indica una gara. Il tutto senza soluzione di continuità. Le flotte private, pubbliche, regionali o comunali che siano alla fine si scontrano sempre con lo stesso problema: quello del pareggio dei conti, che si raggiunge, purtroppo, calibrando i servizi secondo le condizioni di mercato o ponendo tutto a carico della collettività. Quest’ultima ipotesi, tuttavia, non è praticata da molto tempo. Adesso il re è nudo.
Abbiamo lavoratori che perdono il posto e pendolari che dovendo contare su un solo vettore avranno chiaramente meno opzioni. E sono previsti nei prossimi giorni due appuntamenti che non lasciano tante speranze: il pronunciamento del Tar e l’annunciata convocazione del ministro Lupi. Se il tribunale amministrativo confermerà la legittimità della delibera comunale, la situazione rimarrà tale e quale, viceversa, invece, la collettività perderà anche ogni minimo potere di contrattazione con gli armatori e dovrà sobbarcarsi il costo del contenzioso e dei danni. Resta l’intervento del ministro di Infrastrutture e trasporti, Lupi può fare molto poco per costringere Bluferries a restare nel porto storico. La società di RFI non ha nemmeno un contratto di servizio con lo Stato e l’Antitrust ha già imposto la separazione dei bilanci con l’azienda madre, impedendo qualsiasi partita di giro per il ripiano delle perdite che sono anche impedite dalla norma sugli aiuti di Stato. Lupi e il Governo potranno al massimo cercare di garantire un futuro interessamento per l’espletamento di una nuova gara per i servizi metromare, ma quelle corse sono già state ridotte e solo il dualismo aliscafo/nave ha consentito finora ai pendolari di arrangiarsi. In qualsiasi modo la si voglia interpretare il condizionamento della città da parte del traghettamento é potuto avvenire solo grazie all’incapacità della politica e delle istituzioni di programmare i servizi, di costruire il futuro, di compensare le esigenze di garantire le opportunità a tutti.
Adesso bisogna trovare soluzioni e rimediare agli errori che sono stati commessi, assicurare un servizio dignitoso per i pendolari e salvaguardare l’occupazione. Il sindacato confederale chiederà e promuoverà un confronto e chiederà al Governo nazionale di esercitare il ruolo che gli compete. Per la salvaguardia dei livelli occupazionali, nonostante avessimo messo in guardia, non resta che la mobilitazione.