La consigliera di Cambiamo Messina dal Basso è ancora provata dalle ultime difficili ore in cui si è consumata la fine di un percorso politico che ha portato insieme, nell’aula consiliare, quattro esponenti del movimento che ha sostenuto il sindaco Renato Accorinti, e che dopo l’approvazione del piano di riequilibrio sono rimasti due.
Ivana Risitano non nasconde l’amarezza: “Da parte di Nina ce lo aspettavamo, ma la decisione di Gino è destabilizzante, perché il rischio è di mandare in aria un tentativo, seppur imperfetto, di partecipazione politica. Il dibattito interno è ancora in corso, ma questa accelerazione da parte sua, non era necessaria. Avrebbe potuto astenersi. O motivare un no che non avrebbe comunque avuto come conseguenza un allontanamento dal movimento. Condivido il suo essere coerente con i contenuti, non lo biasimo. Ma avrebbe dovuto pensare che vi era anche una coerenza ad un progetto di partecipazione circolare.”
Ma i dissidi con la Giunta e con i suoi metodi, rispetto alla reale partecipazione, non sono arrivati con il piano di riequilibrio. Dall’accoglienza degli immigrati, alla vicenda tir ed ecopass, le posizioni di Lo Presti e Sturniolo non erano solitarie dentro il movimento.
“No, assolutamente. Proprio perché non siamo un partito, non temiamo di discutere e manifestare dissenso tra di noi, del resto anche io condivido il disagio sulla tempistica e la mancata partecipazione politica nella stesura del piano di riequilibrio. Già a marzo erano emersi dei nodi che in sede di movimento erano stati discussi, ma ci sono stati degli elementi che mi hanno convinta a votare il documento di Signorino”.
Insomma nessun “vincolo di mandato”, ma di fatto il piano di riequilibrio è stato votato da tutti i “vecchi” partiti, dando la sensazione che sia stato dato un colpo di spugna atto a mantenere l’impunità di chi ha creato le condizioni per il dissesto, che adesso dovranno risanare i cittadini tutti. E questo è stato anche il grido d’allarme dei due consiglieri “ribelli”.
“In realtà è proprio quello che non vogliamo e il motivo per cui mi sono convinta di votare a favore, sebbene in un primo tempo avevo pensato di astenermi, per dare un segnale politico alla giunta, risiede proprio nella possibilità di mantenere un margine di autonomia politica”.
Sicuramente le sue motivazioni sono diverse da quelle di Trischitta, anche se il risultato non cambia. “Molti consiglieri non hanno studiato le 225 pagine del documento, questo in maniera, diciamo così trasversale (parlo anche del Pd per esempio), ma è valsa la paura di associare la propria immagine al dissesto. Per me, per noi del movimento, invece, è stata occasione di studio”.
Insomma questo è il miglior piano di riequilibrio possibile? Cosa vuol dire che garantirebbe un “margine di autonomia politica”?
“Innanzitutto ci sono alternative, da percorrere parallelamente al piano di riequilibrio, che quindi risulterebbe necessario ma nel contempo molto ridimensionato. Una è quella della ristrutturazione del debito, tramite la creazione di una commissione o un audit che abbia il compito di analizzare nel dettaglio la matassa del debito per capire quale parte è legittima e quale invece è illegittima. Un processo lungo da fare caso per caso. Un’altra è agire sull’intera massa debitoria col congelamento degli interessi per un tot di anni. E questo non lo dico io, ma un esperto a cui tutto il movimento ha chiesto “lumi” quando ci siamo posti il problema della scelta tra dissesto e piano di riequilibrio, che in fondo sono entrambi figli dell’austerity.”
Quindi proseguirete sulla strada dell’accertamento del debito?
“Si, assolutamente. Questo è e sarà il nostro impegno politico. Le carte devo essere vagliate dai magistrati, perché chi ha sbagliato dovrà pagare. Per il resto anche una persona preparata sul risanamento del debito pubblico, come Andrea Degli Innocenti (giornalista che con uno staff di economisti ha visionato il nostro piano di equilibrio perché noi del movimento volevamo capire se fosse possibile una terza via) ci ha rassicurato che probabilmente la ristrutturazione del debito è l’unica soluzione praticabile a lungo termine, e che possono mobilitare per noi professionisti che si occupano da anni di debito pubblico”.
Politicamente vi sentite più deboli , in questo momento?
“Sicuramente ci vuole una volontà politica forte, perchè ci si scontrerà con poteri forti, quindi non resta che proseguire la strada intrapresa dall’amministrazione, perché accettare il dissesto sarebbe stato un suicidio per quest’esperienza”.
Auspica un ripensamento, almeno di Sturniolo?
“Abbiamo provato sia come movimento che singolarmente a riportare, soprattutto Gino, dentro questa esperienza politica. Il dibattito è ancora in corso, ma temo che non tornerà indietro”.
Cosa sente di dover ancora spiegare?
“Chi crede che la politica, il governo dell’esistente e la modifica dell’esistente, non si giochi solo dentro le istituzioni, ma nei luoghi della vita concreta e nelle dinamiche realmente partecipative, negli spazi della lotta, della creatività, – e io sono tra questi – sa che questa di oggi non è tutta la partita.
Decidere di non castrare questa possibilità di strappare la politica alle grinfie dei commissari non mi impedisce, non CI impedisce, di scendere in piazza e urlare.
A chi legge questo piano come il cedimento, mi viene da rispondere che il tentativo di evitare il dissesto è lo sforzo estremo di mantenere un margine di autonomia, da quale ripartire per forzare le maglie dell’esistente e creare percorsi alternativi, che davvero, e meglio di come abbiamo fatto finora, rendendo le ginocchia vacillanti un po’ più solide, possano mettere in crisi il modello economico dominante e restituire ai cittadini ciò che è stato loro sottratto in termini di risorse, di diritti e di orizzonte futuro”. (@Palmira.Mancuso)