Il dibattito deflagrato attorno al destino dell’Autorità portuale di Messina ha atteso fino ad oggi quello che, senza voler mancare di rispetto a nessuno, è forse l’interlocutore più autorevole. Non per grazia ricevuta ma per le competenze tecniche maturate sul campo e per i suoi trascorsi brillanti, i cui meriti sono riconosciuti da più parti, alla guida dell’Authority peloritana. Vincenzo Garofalo, deputato nazionale del Ncd, del resto, è stato molto attivo, negli ultimi anni, e di recente ha creato le condizioni per un’audizione in commissione Trasporti, al fine di sensibilizzare il Parlamento sui problemi di mobilità nell’area dello Stretto. Proprio in occasione della campagna elettorale per le Europee annunciò davanti ad Angelino Alfano il proprio impegno affinché l’Autorità portuale di Messina non venisse sacrificata in nome di interessi altri. Oggi, manifesta la sua propensione alla creazione di un ente unico con Gioia Tauro, in controtendenza rispetto all’amico Nino Germanà, in un intervento che Messina Ora pubblica integralmente.
E’ giusto sgombrare il campo da possibili equivoci che possono sorgere a causa dei tempi rapidi nei quali si sta delineando la riforma dei porti finalizzata a dare un assetto moderno al sistema logistico-portuale del Paese.
La riforma delle autorità portuali è un tema complesso che vede impegnato, senza esito, il Parlamento da almeno sei anni ed è per questo che il governo intende agire con una propria proposta che, come spesso avviene, apre un dibattito abbastanza ‘vivace’ su tutto il territorio nazionale.
L’obiettivo principale che la riforma vuole raggiungere è quello di rilanciare il sistema ridando fiato ad una economia che, negli ultimi anni, ha subito rallentamenti tali da determinare, in alcune zone, perdite consistenti in termini di posti di lavoro e di traffici (non sono esenti da tali effetti i porti della nostra zona soprattutto per le merci così dette ‘rinfuse’).
Il nodo da sciogliere è quello di comprendere, tra le varie opzioni che la riforma offre, quale sia quella migliore per lo sviluppo futuro delle potenzialità e peculiarità dei porti di Messina e Milazzo.
Nelle ultime settimane, grazie anche all’iniziativa degli ordini professionali, delle associazioni di categoria, dei sindacati e di tutti quegli organismi che hanno deciso di istituire un ‘Laboratorio per Messina’, il confronto su questo tema si è intensificato e da questo sono emersi spunti interessanti per noi politici che di questi spunti dovremo farci portavoce.
Ciascun contributo offerto è importante perché dà la possibilità di sviscerare ogni singolo aspetto di questa riforma che va opportunamente analizzata in modo che nulla sia lasciato al caso, lo sono meno, tuttavia, quelli polemici che, a mio avviso, in qualche caso sono frutto di valutazioni frettolose e non di un’analisi approfondita, necessaria sempre, tanto più in questo caso.
Quali sono le opportunità per Messina e Milazzo? Quali le opzioni? Di fatto il Governo propone due autorità portuali e logistiche in Sicilia (una che nascerebbe dall’accorpamento di Palermo e Trapani e l’altra di Messina con Catania e Augusta) e una in Calabria dove già Gioia Tauro contiene, all’interno della propria competenza, altri 4 porti calabresi.
In tanti hanno già osservato che Messina rischia di essere schiacciata dal peso dell’economia catanese nelle prossime scelte. Cosa fare, dunque? Intraprendere un percorso con Catania e Augusta oppure pensare ad un’altra ipotesi? Quali sono le sovrapposizioni e le complementarietà delle due scelte? I porti di Messina (comprehensive port per l’Ue) e Milazzo in quale accorpamento potrebbero avere sviluppi maggiori?
La prima riflessione sulla quale tutti siamo concordi è che Messina ha una vocazione che si concilia meglio con i porti frontalieri più che con quelli della Sicilia orientale sia in ragione dei traffici che sono propri della posizione naturale dei porti, sia per le scelte fatte negli anni attraverso le proposte contenute nei piani regolatori portuali, di Messina come di Milazzo. Sulla base di questa premessa, l’idea è che la scelta migliore affinché i porti di Messina e Milazzo mantengano e sviluppino un ruolo di centralità è quello di scegliere l’area calabrese e non quella siciliana, all’interno della quale i nostri porti verrebbero inevitabilmente schiacciati.
Posto questo in termini per così dire strategico/ideali, il compito di noi politici, grazie al contributo fondamentale offerto dal dibattito tecnico in corso sull’argomento e che vede protagonisti gli ordini professionali, è quello di porre a questa riforma dei ‘paletti’ tali per cui Messina e Milazzo possano, non solo sulla carta ma anche da un punto di vista sostanziale e formale avere un ruolo di centralità; dare, in sintesi, ‘struttura’ alla riforma creando le condizioni per i quali, quella che in termini ideali è una svolta, a mio avviso epocale, lo sia anche nei fatti. Il ruolo del confronto su questo tema, dunque, è di sviscerare la questione individuando gli elementi da inserire per tutelare gli interessi del nostro territorio.
Il tempo a disposizione per scegliere in realtà non è molto. E’ vero che la decisione del Governo potrebbe slittare ma, comunque, dobbiamo essere pronti ad esprimere una posizione. Io comprendo le perplessità espresse in questi giorni anche dai sindaci di Milazzo e San Filippo del Mela. Ma invito proprio loro ad una analisi approfondita delle opportunità che questa riforma, se bene strutturata, potrà dare ai nostri territori.
A nessuno sfugge che ogni scelta porta con sé, inevitabilmente, una percentuale di rischio ma l’errore più grande sarebbe quello di lasciarsi scappare, per paura di qualcosa di nuovo, quella che a mio avviso è una grande occasione, chiudendo le porte a questa ipotesi di riforma piuttosto che tentare di governarla discutendo e confrontandosi fino a individuare la migliore ipotesi di sviluppo della nostra potenzialità portuale. Sarebbe comodo, lo so, immaginare che le cose possano rimanere come sono ma non è possibile e comunque non sempre la situazione più comoda è quella migliore.