“La medicina dei desideri è ben lontana dall’avverarsi all’Ospedale Piemonte che non possiede un Pronto Soccorso efficiente. Non ho mai parlato di dismettere l’edificio di viale Europa ma di concepire un presidio secondo canoni nazionali che perseguono la qualità delle prestazioni e non l’abbondanza dei posti letto. Al momento, il nosocomio non riesce a trattare prontamente né infarti né ictus perché manca dei servizi di Emodinamica e di Neurologia. Ma rispetterò gli standard della nuova Rete ospedaliera, approvata dalla Regione Siciliana, che è soggetta a profonde modifiche dello scenario politico-normativo”. Così il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Papardo – Piemonte, Michele Vullo si confronta questa mattina, nell’Aula Consiliare di palazzo Zanca, durante e dopo l’audizione con la Commissione Sanità, ribadendo in più riprese che seguirà le linee guida del Governo Crocetta e intende razionalizzare la spesa pubblica per attivare un metodo di eccellenza a vantaggio dei cittadini, certamente non per interesse personale. Su questa lunghezza d’onda, si inserisce il progetto di creare un centro sanitario di alto livello che possa soddisfare i bisogni dei cittadini, come il Polo Materno-Infantile, circondato da ambulatori H12 e che potrebbe essere una mission apprezzata da tutti gli addetti ai lavori.
“La collettività paga le tasse – riferisce il manager – e ha diritto ad un’assistenza clinica che dimostri la sua validità non in base al numero dei posti letto che, ad oggi, al Piemonte, si attesta a 78. Un ospedale non è fatto dalla dotazione della degenza ma dalla qualità del servizio erogato. Il Patto della Salute Stato-Regioni, su cui tutte le Aziende sanitarie imposteranno la propria conduzione, dispone una quantità di unità operative ospedaliere e di posti letto in funzione del numero di abitanti. Per esempio, ci sarà una Neurochirurgia su 600mila abitanti quindi per Messina e provincia; 4 Punti Nascita per la stessa copertura territoriale. Ci sarà spazio per ulteriori cambiamenti relativi al bisogno organico e non ad una sterile pianta organica. Il personale medico e paramedico sarà distribuito sulla scorta delle esigenze. Sarà una nuova epoca gestionale che si adegua all’essenzialità dei servizi. Non posso stabilire adesso se prevedere una unità complessa formata da più reparti o, magari, un reparto con moduli più ampi. Si svolgerà una programmazione in itinere”.
Da precisare che l’Ospedale Piemonte, così com’è, non consente di intervenire nei tempi opportuni sulle emergenze quindi infarti, ictus e traumi gravi per scongiurare ricadute sulla qualità della vita del paziente. In particolare, secondo la letteratura scientifica, sull’infarto si dovrebbe agire entro 90 minuti nella struttura protetta di Emodinamica dove si esegue l’angioplastica. Il ritardo di ogni ora nell’intervento aumenta il rischio del 4%. Mentre l’ictus necessita di una Neurologia d’urgenza (Stroke Unit) entro 3 ore, con farmaci ad alto costo. In entrambi i casi, il Piemonte non è preparato ad affrontarli.
Ad essere d’accordo nella sostanza anche la presidente della V Commissione al Comune, Rita La Paglia che però, oggi, ha portato, a sostegno dell’idea di mantenimento di un Punto di Emergenza-Urgenza, i dati degli accessi e delle prestazioni del Piemonte, relativi al 2013. Si registrano 32mila accessi al Pronto Soccorso, 700 in Cardiologia con Utic, 313 al reparto di Medicina Interna e 200 in Rianimazione. I numeri di Pronto Soccorso vanno distinti in base alla gravità: la quantità dei codici rossi indica il reale trasferimento ai reparti idonei. Può accadere il noto infarto che non può essere trattato al Piemonte e va trasportato d’urgenza negli ospedali attrezzati. Questi accessi che transitano a regime di ricovero vanno comunque letti e tradotti all’interno dei D.R.G. (Raggruppamento Omogeneo di Diagnosi). Ogni Drg corrisponde alla remunerazione del singolo ricovero e viene calcolato attraverso il sesso, l’età, la diagnosi principale e procedure del paziente.
“Si deve avviare un percorso qualitativo – ammette la Paglia – secondo le direttive ministeriali. C’è una linea molta netta dell’orientamento ospedaliero e la spending review comanda su tutto. Il nostro dovere è quello di mantenere alta l’attenzione sull’argomento per puntare ad alti livelli di qualità assistenziale. Nessuno vorrebbe rivolgersi ad un Pronto Soccorso inadeguato eppure i numeri rivelano che i cittadini non rinunciano a un centro di Emergenza in una zona urbana nevralgica. Dovremmo lavorare nella stessa direzione: Polo della Mamma e del bambino insieme a un Pte”.
I consiglieri comunali hanno posto vari quesiti al direttore, muovendo alcuni appunti che si sono trasformati, a volte, in riflessione. Per esempio, il capogruppo di Ncd, Daniela Faranda si è preoccupata di “proporre un Servizio di 118 stabile in alternativa ad un pronto soccorso che andrebbe potenziato nelle specialistiche mancanti”. “E’ vero – dice la consigliera – che la razionalizzazione delle risorse economiche, ormai, impedisce un’implementazione dei servizi ma dobbiamo riconoscere che l’Ospedale Piemonte non può fallire, dopo aver ultimato l’adeguamento sismico con l’investimento di molti fondi regionali. Nell’immaginario collettivo, il presidio raccoglie tantissimi utenti salvando vite, se ci fosse l’intervento immediato. Ci rendiamo conto, dopo aver ascoltato anche il manager, che la sicurezza della salute va garantita attraverso standard operativi”.
78 posti di degenza rappresenta l’attuale limite che è anche sopravvissuto alla riduzione del decreto nazionale ed è stato avvalorato ieri, nella VI Commissione Sanità all’Ars, dal presidente Pippo Digiacomo e dall’Assessore siciliano Lucia Borsellino. A dispetto di quanto detto dai sindacati Cisl e Uil, convocati ieri in audizione su loro richiesta, la quota di 78 posti non può essere incrementata a 121, come recitava quella normativa ormai datata che è stata sostituita dalla rimodulazione della rete ospedaliera. Sentito Digiacomo questo pomeriggio, ha confermato: “I 78 posti sono inclusi nella rideterminazione della rete ospedaliera che è stata già approvata dal Ministero ed aspetta di passare alla Giunta di Governo. Questa cifra può arrivare fino a 100. Comunque, il limite di 121 al di sotto del quale un ospedale non sarebbe stato ritenuto più tale non esiste più”.