“Mi sentivo come una 500 che perde pezzi ed ora mi sento un leone”. Così un paziente di 70 anni affetto da scompenso cardiaco ha raccontato le sue impressioni, dopo un eccezionale trapianto di cuore artificiale, eseguito all’ospedale Papardo, lo scorso venerdì, dall’equipe del dr. Francesco Patanè, primario di Cardiochirurgia. Lo specialista ha fatto il punto della situazione spiegando che questa tecnica, da Padova in giù, è stata applicata solo qui a Messina in questo nosocomio. E’ stato impiantato un cuore meccanico molto piccolo di 150 grammi, totalmente dentro il pericardio quindi dentro un altro cuore per attivare il sistema di pompaggio muscolare. Il piccolo meccanismo pulsante è costato all’Azienda Papardo-Piemonte 180 mila euro e potrebbe rappresentare anche l’input per una programmazione di interventi di questo tipo.
“Bisogna sempre mantenere un riferimento regionale – osserva il manager Michele Vullo -. La Regione e il Ministero dispongono di abbattere sempre di più prestazioni come le ernie e di concentrarsi su interventi di massima complessità. Ma ci sono comunque dei limiti di spesa quindi si deve creare casistica che giustifichi la richiesta”.
“Questa era l’unica tecnica concepibile per questo tipo di soggetto –chiarisce Patanè – perché aveva superato l’età limite consigliabile ovvero i 60 anni. Si è reso necessario di intervenire a cuore battente. In Italia, sono state realizzate 4 operazioni di questo tipo senza l’ausilio della circolazione extracorporea e senza aprire lo sterno. Invece, nella nostra Unità complessa di Cardiochirurgia, abbiamo attuato una minitoracotomia e una mini sternotomia nella parte alta per poter posizionare la cannula che porta al sangue”.
“Il paziente è ora in reparto di Rianimazione – afferma il primario Gaetano Sutera -. Questa tecnica permette al paziente di effettuare un decorso post operatorio molto tranquillo, di poterlo svegliare e stubare un’ora dopo dall’ultimo punto di cute. Più brevi sono i tempi di risveglio più celere sarà la ripresa. In seguito, si provvede ad una terapia antibiotica per evitare picchi febbrili o infezioni. Un decorso perfetto”.
“C’è stata una macchina organizzativa h24 –riprende Patanè -. E’ avvenuto l’impiego di medici cardiologi, anestesisti, infermieri, ausiliari. Grazie anche alla Direzione aziendale che ha permesso di comprare la macchina cardiaca”.
“Noi qui abbiamo attuato una destination therapy – conclude il responsabile di Cardiochirurgia -, insieme ad uno sforzo gestionale con un team dedicato. Questa pratica operatoria pone la mia specialistica ad un livello di massima eccellenza, raggiungendo la quota di 490 interventi di grande complessità l’anno. Prima che arrivassi io, se ne effettuavano 100 l’anno, con un livello di difficoltà ridotto”.
“Quello che noi garantiamo – riferisce Vullo – è un insieme di crismi di sicurezza che si sposa con la trasparenza degli acquisti di eventuali apparecchiature. Potremmo attingere ad un Fondo di Assistenza regionale che permette, per esempio, di avvalerci di dispositivi all’avanguardia come il cuore artificiale, motivandolo con la necessità d’eccellenza. La domanda di acquisizione verrebbe inoltrata con evidenza pubblica”.(@MARCELLA RUGGERI)