Undici arresti e 50 indagati. È il bilancio del raid compiuto questa mattina, a opera della Guardia di finanza, nell’ambito dell’operazione First Aid (pronto soccorso). Nel mirino una ben strutturata organizzazione, ritenuta responsabile di truffe assicurative per circa un milione di euro, grazie anche a una vasta gamma di complici. In buona parte dei casi, professionisti disposti a dare un “contributo” alla causa.
È occorso un anno e mezzo di indagini per portare alla luce il vasto giro di truffe, messe a punto attraverso una rete di “favori”. Medici, avvocati, dipendenti di uffici pubblici mettevano a disposizione le rispettive professionalità per supportare il falso sinistro. Ne sono state accertate 100 in soli 2 anni, per un risarcimento medio di 10mila euro l’una.
Gli incidenti – a detta degli investigatori –avvenivano in determinati giorni della settimana, quelli in cui di guardia all’ospedale San Vincenzo di Taormina c’era il medico Rosario Gennati, 56 anni. Pare fosse lui a certificare lesioni gravi al falso incidentato o a quanti fossero rimasti coinvolti nel sinistro. Sembra fosse possibile reperire anche testimoni a pagamento: 50 euro a chi dichiarava di avere assistito all’impatto, prendendo le parti della vittima.
Gennati – come sostiene l’accusa- sembra che invece intascasse 200 euro a referto. La fetta più grossa, ovviamente, andava alle menti dell’organizzazione. Sono ritenuti tali Sebastiano Messina, 53 anni, di Giardini Naxos, e Lucio Parisi, 56 anni, di Giarre. Entrambi braccianti agricoli. Le Fiamme Gialle hanno scoperto e sequestrato documentazione relativa ad ogni falso sinistro, completa di entrate e uscite (quest’ ultima voce relativa ai compensi per le complicità).
Al gruppo non mancava neanche la forza intimidatoria, che mettevano in atto nei confronti di liquidatori che avanzavano sospetti. In un caso, all’appuntamento con il rappresentante della compagnia assicurativa per la valutazione del danno, oltre la presunta vittima si sarebbero presentati anche il falso testimone ed uno dei due “capi”. Quest’ultimo avrebbe parlato con tono minaccioso al liquidatore. All’incontro pare sia seguita anche una telefonata mirata a rinforzare il messaggio.
L’organizzazione pensava a tutto, persino a corredare la documentazione di falsi scontrini di farmacie, attestanti l’acquisto di tutori o attrezzature sanitarie. Tra le complicità eccellenti, oltre altri medici (quelli che refertavano il prolungarsi dei danni da lesioni) anche avvocati e dipendenti postali. Questi ultimi acceleravano i tempi del risarcimento, anticipando le somme alle vittime. L’ufficio postale di competenza avrebbe successivamente ottenuto il pagamento dalla compagnia assicurativa. La Guardia di Finanza ha sequestrato agli arrestati beni e conti correnti, per un valore, sin qui, di 300mila euro. Ma le indagini proseguono.
I nomi dei 9 destinatari della misure cautelari ai domiciliari, firmate dal gip Maria Teresa Arena, richieste dal sostituto procuratore della Dda, Liliana Todaro, non sono stati resi noti, per volere del colonnello, comandante provinciale, Vincenzo Vellucci.