Conferenza stampa dei gruppi Felice per Messina, Partito Democratico e Progressisti Democratici questa mattina nella Sala Ovale di Palazzo Zanca. Obiettivo dei padroni di casa è mettere in luce i dati relativi a Messinambiente. “Al 30 giugno abbiamo già un costo totale del servizio di 22 milioni di euro circa”. Il dato, comparato a quello complessivo calcolato il 31 dicembre dello scorso anno, pari a 42 milioni, fa temere un aumento dei costi di gestione dei rifiuti ai consiglieri democrat.
“Se il trend continua così, a fine anno, ci sarà un aumento dei costi di oltre 2 milioni di euro”, spiega Claudio Cardile (Felice per Messina).
Neanche a dirlo, questi “spiccioli” graveranno sulle tasche, già prosciugate, dei cittadini che dovranno coprire l’onere attraverso il pagamento della nuova Tari, il cui tariffario dovrà essere approvato dal consiglio comunale entro il 31 luglio. Ma stando così le cose e senza chiarimenti da parte dell’amministrazione circa perizie discordanti che, sino ad oggi, sono state rese pubbliche, evidentemente, tutta un’ala del consesso non intende dare il proprio beneplacito alla proposta che giungerà in aula, come spiegano a turno i relatori.
Nelle perizie risulterebbero voci inerenti la gestione di “ulteriori servizi” riguardanti la struttura Ato 3 e la manutenzione ville ed aree verdi “che non sono previste tra i capitoli della Tari ma concernono, invece, l’arredo urbano”, segnalano i consiglieri. “Non si può far pagare ai cittadini l’inefficienza dell’Amministrazione e della gestione di Messinambiente”, tuona Cardile.
Il collega Santalco prosegue, sottolineando che “in un anno, carte alla mano, non vi è stato alcun risparmio, solo aumenti”. E a chi gli fa notare che, in questi mesi, si sono dovute prevedere uscite per mezzi e strumenti, il capogruppo evergreen risponde che trattandosi di un’azienda in liquidazione non è possibile fare alcun investimento. “Si deve chiudere!”, sintetizza. “Messinambiente è fasulla e illegittima, ad ora”, continua Santalco per il quale il Commissario Ciacci -di cui parla in termini positivi, in generale- da quando è giunto in città si è occupato per lo più di raccolta differenziata quando il suo preciso compito, in quanto liquidatore, dovrebbe essere, per l’appunto, quello di “liquidare”.
Ma a proposito di perizie, dai dati forniti risulta evidente che tra quelle presentate da Messinambiente al Dipartimento per i servizi di spazzamento, raccolta integrata e trasporto RU e quelle predisposte, al contrario, da suddetto dipartimento circa i servizi resi dalla società di Via Dogali, sia per il periodo 1/1-30/4, che per quello 1/5-30/6 ci sono sempre delle differenze. In buona sostanza, le prime (quelle presentate dall’Azienda) risultano sempre superiori rispetto alle seconde (quelle predisposte dal reparto competente). E non si parla di bruscoletti. Perizie discordanti come, del resto, la “tradizione” messinese prevede (non è, insomma, novità dell’era Accorinti, come gli stessi consiglieri presenti chiariscono, quasi a voler dire “tutto cambia affinchè nulla cambi”.).
Ma andiamo alle soluzioni, perché oltre le denunce e le critiche ci sono anche le proposte: l’idea avanzata oggi è quella di dar vita ad una nuova società mista che preveda un 40% di capitale privato e il restante 60% sotto il controllo pubblico. In questa nuova realtà sarebbe necessaria una figura manageriale in grado di pianificare seriamente la gestione dei rifiuti integrata in maniera utile a non soffrire di gap che impongono disservizi -a caro prezzo per la cittadinanza oltretutto-.
Ovviamente si tratta di un’idea che possa risultare alternativa alla società multiservizi completamente pubblica, che sarebbe nelle intenzioni dell’Esecutivo mettere in piedi.
Il “no!” alla proposta accorintiana non è frutto di un preconcetto o del classico antagonismo partitico ma è motivato dal fatto che, trattandosi eventualmente di un’azienda a totale carico pubblico, gli investimenti dovrebbero provenire da casse che, ahinoi, sono praticamente aride. Dunque, non si possono fare investimenti. Circa la proposta odierna, ovviamente, si precisa che il tutto dovrebbe avvenire previa chiusura di “bottega”di Messinambiente.
Un’alternativa o un carrozzone? Negli anni in cui il termine partecipate fa drizzare i capelli in testa a quanti se ne debbano occupare nelle sedi idonee (dagli uffici a Palazzo Zanca) si ammetterà che qualche perplessità è oltremodo legittima. (@Eleonora Urzì)