Quattro persone sono state arrestate all’alba in esecuzione di altrettante misure cautelari. Si tratta degli esecutori materiali dell’omicidio di Stefano Marchese, assassinato all’Annunziata il 18 febbraio del 2005, e per il quale è già stato condannato all’ergastolo come mandante l’allora boss di Giostra Gaetano Barbera, collaboratore di giustizia dallo scorso febbraio 2013 e le cui dichiarazioni sono state fondamentali per fare luce sul delitto.
Le indagini sono state coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina ed hanno permesso di individuare mandanti ed esecutori materiali del delitto. Si tratta dei messinesi Marcello D’ARRIGO, pregiudicato di 51 anni, già detenuto; Salvatore IRRERA di 37 anni, detto “Carruba” già detenuto; Giovannino VINCI di 74 anni, già ristretto in regime di detenzione domiciliare; Rosario VINCI di 55 anni; tutti sono ritenuti responsabili, in concorso tra loro, dell’ omicidio di Stefano MARCHESE e di detenzione e porto illegale di armi da sparo.
Gli arresti scaturiscono da un’intensa indagine coordinata dai Sostituti Procuratori Vito Di Giorgio, Camillo Falvo e Maria Pellegrino, della D.D.A. della Procura della Repubblica che hanno richiesto al GIP presso il Tribunale di Messina Antonino Genovese le ordinanze di custodia cautelare in carcere per tutti, tranne che per Vinci Giovannino, al quale è stata concessa ordinanza di custodia cautelare domiciliare per motivi di salute.
Alle dichiarazioni di Gaetano BARBERA si sono aggiunte le dichiarazioni di un nuovo collaboratore, che ha fornito ulteriori e fondamentali elementi di riscontro, e alle dichiarazioni già precedentemente rese dai collaboratori di giustizia Salvatore CENTORRINO Salvatore, Santo BALSAMA’, Nunzio BRUSCHETTA e di Tommaso MARCHESE, padre dell’ucciso.
Marchese morì a 27 anni, freddato contro quattro colpi di pistola al petto e altri due calibro 7.65 su una tempia e alla fronte. Il suo è un omicidio di mafia, consumato nella lotta per emergere nella leadership del clan di Giostra.
Uscito da poco di galera e nipote di un nome noto della criminalità, era vicino a Giuseppe Minardi, reggente del clan di Giostra. Ma la guerra per il dominio del territorio tra le nuove leve era in atto, e Barbera si stava facendo largo a spallate. In quello stesso anno, nella primavera successiva, la faida tra gruppi rivali cittadini lasciò sulle strade almeno altre tre vittime. A fermarla furono due retate dei carabinieri.
Secondo quanto emerso dalle indagini, la decisione di uccidere Stefano Marchese è stata condivisa con il boss Marcello D’ARRIGO, durante il periodo di codetenzione con Gaetano BARBERA, anche in conseguenza del forte risentimento nutrito nei confronti del Giuseppe MINARDI.
Tale decisione era stata ulteriormente condivisa da Giovannino e Rosario VINCI, rispettivamente padre e figlio, boss della zona Annunziata, che temevano le mire espansionistiche di MARCHESE e MINARDI sul loro rione, a cui si aggiunge anche una !questione d’onore” dovuta ad una relazione finita male tra un cugino del MINARDI ed una parente dei VINCI.
In realtà, il motivo scatenante dell’omicidio deve essere ricondotto alla contrapposizione tra la famiglia mafiosa GALLI, cui risultano affiliati i fratelli MINARDI e Puccio GATTO, operante nel rione Giostra, e l’emergente boss Gaetano BARBERA che voleva assumere il controllo del quartiere di Giostra con il proprio gruppo, intessendo alleanze con il boss Marcello D’ARRIGO, che controllava il quartiere di S. Lucia, ed i VINCI che controllavano il quartiere Annunziata.
Giova ricordare che nel medesimo periodo in cui è stato commesso l’omicidio di MARCHESE Stefano, seguirono quelli di Francesco LA BOCCETTA del 13 marzo 2005 e di Sergio MICALIZZI e Roberto IDOTTA, uccisi entrambi il 29 aprile 2005, a distanza di poche ore.
Nel quadrimestre compreso tra l’uccisione di Stefano MARCHESE (18.02.2005) e la data d’esecuzione dei provvedimenti cautelari riguardanti l’operazione Arcipelago (09.06.2005), si poté individuare l’avvio di quel radicale cambio di potere nelle fila del clan Giostra, con il gruppo capitanato da Gaetano BARBERA che iniziava a prendere il sopravvento, rendendo operativo un insinuante e deciso piano volto a controllare i vari cantieri della zona, infiltrandosi con fermezza in quelle attività delinquenziali che fino a quel momento venivano gestite in via esclusiva dal gruppo MINARDI.
Gaetano BARBERA, una volta tornato in libertà, avviava il progetto di ascesa criminale, intessendo relazioni e ferree alleanze con altri esponenti della criminalità organizzata messinese, appartenenti a schieramenti diversificati, come il boss ergastolano Marcello D’ARRIGO o ancora con Rosario e Giovannino VINCI, allo scopo di veder appoggiata la sua emergente leadership al vertice del quartiere Giostra ove era nato e cresciuto.
“Le indagini – sottolineano gli inquirenti – hanno consentito così di individuare gli autori materiali dell’omicidio in Gaetano BARBERA e Salvatore IRRERA ed i mandanti in D’ARRIGO Marcello e Rosario e Giovannino VINCI. Proprio la considerazione dell’omicidio in un contesto di contrapposizione tra agguerriti gruppi criminali di stampo mafioso, ha consentito di contestare agli odierni indagati l’aggravante del metodo mafioso”.