In questo decimo anniversario della legalizzazione delle slot machine in Italia, il risultato delle vincite non è stato quello in cui molti speravano.
Alcuni economisti avevano previsto che leggi più liberali avrebbero iniettato nell’ economia italiana nuovi e necessari “ormoni della crescita”. Invece, molti hanno notato una tendenza decisamente opposta: la recessione ha risucchiato la nazione in una spirale che ha visto arricchirsi i proprietari delle slot a scapito di una classe medio-bassa, gente disperata a causa dell’alto tasso di disoccupazione, vittima di una crescente dipendenza dal gioco d’azzardo.
Di fatto la nazione si è divisa sulla questione. Gli oppositori all’uso delle slot machine, presenti in più della metà dei bar di tutta la nazione, citano alcune statistiche impressionanti che denunciano un aumento del 691% degli italiani che tra il 2005 e il 2010 hanno cercato un aiuto specialistico per curarsi dalla dipendenza dal gioco.
Gli addetti ai lavori invece, sostengono che i numeri della dipendenza dal gioco in Italia sono uguali alla media degli altri paesi europei.
Questa epidemia di dipendenza dal gioco d’azzardo sta danneggiando ancora di più le famiglie impoverite dalla crisi. Persone che investono tutti i loro pochi mezzi per rincorrere facili vincite. In uno studio del 2012, condotto dal CEIS (un’associazione cattolica che si occupa di disagio ed emergenza sociale) è emerso che nel paese il 47 % dei poveri e il 66% dei disoccupati si erano dichiarati giocatori d’azzardo.
Gli effetti della ludopatia non si limitano all’aumento dei debiti in banca, piuttosto riguardano anche vaste tematiche sociali, dalla depressione alla violenza domestica, all’abuso di droga e alcool, fino alla distruzione di intere famiglie, schiacciate dal peso di una vera e propria malattia.
I fautori delle slot machine comprendono quelli che alimentano il gettito fiscale con i 10 bilioni di euro annuali di tasse governative, fino ai proprietari dei lidi balneari che attraverso le “macchinette” aggiungono un ingresso supplementare al loro reddito.
Un giro di denaro che ha portato l’Italia in dieci anni ad essere il più grande mercato europeo per il gioco d’azzardo e la quarta nazione nel mondo, dietro solo a Stati Uniti, Giappone e Macao. Nonostante ci siano casinò legali, la maggior parte delle “macchinette mangia soldi” si trovano nei bar e nei tabacchini, nelle sale bingo e persino in qualche farmacia.
Ma la gran parte dei giochi si trovano on line. Da quando, nel 2006, Gioco Digitale ha lanciato il primo poker e i bingo virtuali, estendendosi, subito dopo, alle slot machine e ai giochi da tavolo. Prendendo spunto, soprattutto per le slot, dalla comunicazione cinematografica, con in primo piano animazioni accattivanti e riferimenti alla cultura pop (ad esempio a Nightmare di Samuel Bayer o Una pazza giornata di Vacanza con un giovanissimo Matthew Broderick).
Gli italiani già nel 2004 spendevano 4 bilioni di euro nel gioco d’azzardo, una cifra che ora si attesta intorno a 100 miliardi di euro all’anno. In compenso sono decisamente diminuiti i risparmi, con meno di 2000 euro l’anno, ovvero meno della metà di quello che riuscivano a mettere da parte dieci anni fa.
Un’altra dimensione del fenomeno è dovuta all’introduzione di slot machine illegali – ovvero quelle che non hanno la licenza AAMS – facili da confondere tra circa mezzo milione di slot legali. In molti sostengono che questo abbia ulteriormente aperto la strada ad interessi mafiosi, con imprese che passano di padre in figlio. La mafia infatti ha investito anche nel gioco d’azzardo legale, usando questo mercato per riciclare miliardi di euro proventi dalle attività criminali come il traffico di droga, di armi, la prostituzione e il racket.
Ma i cittadini italiani non hanno certo subito passivamente. Sono nate infatti associazioni contro il gioco d’azzardo e persino Papa Francesco ha incoraggiato i movimenti che si oppongono a questa dipendenza dilagante.
Un decennio dopo la legalizzazione, l’Italia si trova ad un bivio sulla riforma del gioco d’azzardo. Perché si temono gli effetti sull’economia del Paese, visti i grossi guadagni per lo Stato generati dalle slot machine. D’altro canto, tornare indietro sulla legalizzazione, non potrebbe che rafforzare il mercato nero e la criminalità.
Dieci anni fa, insomma, l’Italia rischiò e giocò tirando la leva delle slot machine. Il Paese sta ancora aspettando di sentire il tintinnio della vincita.