L’occasione per discutere e riflettere su uno degli autori certamente più determinanti per le Filosofie del Novecento si è presentata a Villa Pace nell’incontro, promosso dal Dottorato di ricerca in Filosofia e dal Centro Europeo di studi su Mito e Simbolo, con Ettore Rocca, uno dei più autorevoli studiosi di Søren Kierkegaard, che ha recentemente pubblicato il testo, Kierkegaard, edito Carocci.
A presentare questo nuovo lavoro sul filosofo danese, Caterina Resta, professore ordinario di Filosofia Teoretica del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne di Messina e la dott.ssa Rita Fulco, che hanno mostrato come l’opera di Rocca vada ben oltre la trattazione manualistica, capace, invece, di essere un vero e proprio dono per i lettori per la sua chiarezza e rigore.
Argomentare su Kierkegaard, infatti, è doveroso, non soltanto per “gli addetti ai lavori”, poiché si tratta di un “filosofo postumo”, del pensatore la cui riflessione guardava oltre il tempo che viveva: l’Ottocento. Kierkegaard è il filosofo rivoluzionario, per la messa in crisi del concetto di autorità e delle forme istituzionali religiose, tanto da intravederne un risvolto politico, non ancora sufficientemente messo a fuoco oggi. Il filosofo pratico, che ha fatto della scrittura aforistica, epistolare e confessionale nuovi modi di andare oltre il tradizionale trattato speculativo. Il filosofo dello pseudonimo, esercizio che rivela, come sottolineato dalla prof.ssa Resta, “un’auto-eterobiografia, in cui attraverso diversi nomi, Kierkegaard si fa ogni volta altro”. Il filosofo del “Singolo”, travalicando, così, le categorie di individuo e soggetto tipicamente legate alla filosofia moderna. “In nome della singolarità – ha chiarito la prof.ssa Resta – emergeranno i pensieri che diffidano della totalità, come in Emmauel Lévinas, e dell’omologazione, del comune, come in Jean-Luc Nancy e Jacques Derrida”.
Proprio quel lessico così attinto dall’ambito dell’esistenza, a partire dai concetti di angoscia, attimo, disperazione, rivela infatti l’elemento cardine del pensiero kierkegaardiano: la possibilità accostata all’impossibilità, che tanto ha condizionato pensatori del Novecento, in primo luogo Martin Heidegger, che ricorda il debito e i limiti del filosofo danese per tre volte nella sua opera capitale, Essere e Tempo del 1927.
“Kierkegaard esprime – commenta la prof.ssa Resta – la verità di una vita, una vita singolare ed incomparabile. Esistere significa assumere il proprio essere non come dato, ma come compito incompiuto che la morte poi interrompe”. E se spina nella carne è proprio l’esistenza stessa, il “salto” che porterà Kierkegaard ad abbracciare la sfera religiosa sarà quello in una fede folle, invisibile, impossibile, racchiusa nel paradigma autentico del cristianesimo.
Secondo l’analisi della prof.ssa Resta, “il singolo è votato al segreto, ad un’esteriorità inaccessibile, che si traduce in silenzio, lacerazione e apertura che altera profondamente l’io. È un segreto senza rivelazione perché ogni altro è il totalmente altro, è la nostra prova, da cui ci sentiamo appellati”.
Ma un altro punto focale è stato toccato dalla dott.ssa Rita Fulco riguardo la questione politica in Kierkegaard che ha a che fare con l’aspetto del maestro, con l’insegnamento senza autorità. La questione del rapporto tra la Chiesa e lo Stato emerge in particolar modo nell’ultima parte della vita di Kierkegaard, che comincia a sentire il “dovere di dire la verità”, l’esigenza di un parlar chiaro che è virtù umana, e che traspare in particolare da un risentimento nei confronti della realtà esterna.
Il pregio, in particolare, rintracciato da Rita Fulco nel saggio di Rocca risiede nell’ “argomentazione serena e rigorosa”, che ha dato finalmente chiarezza e contezza ad un pensatore tanto importante come Kierkegaard. Infatti, tale opera è il frutto di ben venti anni di lavoro dello studioso, che ha voluto mostrare, anche attraverso riferimenti puntuali ad opere dello stesso filosofo danese (Timore e Tremore, Atti dell’amore, Il giglio nel campo e l’uccello nel cielo), il rapporto assoluto con l’assoluto nella sospensione dell’etica nella figura di Abramo, il rapporto con il demoniaco e l’intendimento di Dio come determinazione intermedia, ovvero come la relazione di amore tra due esseri umani. Proprio sul concetto di amore, infatti, Rocca ha sottolineato che “l’amore è uno stato di eccezione, poiché non vi è più una giustizia che penetra una proprietà privata: la distruzione dell’io diventa distruzione del mio e della proprietà. Bisogna, allora, come il monito alla gioia, essere presenti a se stessi, nel senso di un essere presso di sé, prossimo rispetto a se stessi”, essere oggi.
Ettore Rocca insegna Estetica presso il Dipartimento di Architettura e Territorio dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria. Tiene lezioni e convegni in varie università italiane e straniere (Usa, Francia, Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia, Polonia, Iran). Ha raccolto in venti anni 115 pubblicazioni scientifiche. È consulente scientifico della nuova edizione critica delle opere di Søren Kierkegaard di cui è stato anche coordinatore di tutti i progetti di traduzione in lingue straniere (tedesca, francese, inglese, spagnola, cinese). Nel 2007 è stato insignito dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana per l’attività scientifica internazionalmente riconosciuta su Kierkegaard e l’opera di mediazione culturale tra Danimarca e Italia.
(CLARISSA COMUNALE)