Si parla di riforma delle province a Palazzo dei Leoni: sembra quasi una battuta sarcastica; ad ospitare la conferenza stampa sulla legge votata all’Ars è proprio quell’edificio simbolo di un’istituzione che viene cancellata, o comunque -ad oggi- commissariata.
A volere questo incontro è il presidente dell’Assemblea, on. Giovanni Ardizzone: al suo fianco i colleghi deputati Nino Germanà (Ncd), Bernadette Grasso (Grande Sud), Giuseppe Picciolo (Dr), Giuseppe Laccoto (Pd) e Valentina Zafarana (M5S).
“Con questa legge si va oltre le province!” esordisce l’onorevole dell’Udc, il quale, fa gli onori di casa mandando a dire ai dipendenti provinciali che il loro posto non è a rischio. Improvvisamente sembra di sentir parlare non il presidente scudocrociato ma il prorettore dell’Università di Messina. Ricorderete, infatti, che proprio il prof. Michele Limosani, insieme al collega Josè Gambino, aveva presentato, nei mesi scorsi, una proposta relativa alla città metropolitana di Messina e, aveva rincarato la dose aprendo ad un altro e ben più ambizioso obiettivo: l’area metropolitana dello Stretto. Tocca oggi ad Ardizzone snocciolare numeri e dati provenienti direttamente da Palermo dove, nelle ultime settimane, la riforma delle province -con tanto di città metropolitane e liberi consorzi- ha tenuto banco. Spetta sempre al numero uno dell’Assemblea enunciare gli argomenti pro area integrata: “bisogna ridare speranza a due città che, possono sembrare deboli ma, unite, mostrerebbero tutto il loro potenziale”. Da qui parte la specifica delle varie risorse da legare in questo binomio, da quelle territoriali che spaziano da mare a monte, da ionico a tirrenico, fino alle istituzioni universitarie (e qui torna l’alien-Limosani ad impossessarsi dell’onorevole che ha due o tre uscite copia-incolla rispetto a quelle già sentite in altre occasioni dal già citato docente, comprese le spiegazioni fornite sull’iter giuridico che l’area integrata prevede e che ricordano ben bene la “lezione” che il prof. Agosta fece in merito durante il primo consiglio relativo a questo tema. Sia chiaro, la nostra impressione viene riportata con ironia ma senza malizia: che da più parti fosse stato accolto positivamente l’input degli accademici era stato palesato già ai tempi del primo consiglio aperto tenutosi a Palazzo Zanca e, durante il secondo incontro, organizzato dalla Presidente Barrile, alla presenza della deputazione regionale, in tanti avevano ribadito il proprio appoggio alla proposta Gambino-Limosani; quindi, niente di nuovo o sconvolgente. Certo però che è inevitabile sorridere quando si sente parlare di “Stretto come specchio d’acqua che non divide ma unisce”, più che una dichiarazione d’effetto, una vera e propria cantilena che il primo cittadino ripete instancabilmente dalla notte dei tempi. Che l’Accorintiade stia colpendo anche i “politici ortodossi”? Si sa, le affermazioni non hanno il copywrite e, se in politica, in molti dicono le stesse cose, questo può essere sinonimo di poca fantasia o, nella migliore (e auspicabile) delle ipotesi, di un accordo che snellirà gli iter).
Ottimo l’appunto sulle funzioni, argomento spesso sollevato dall’on. Ardizzone il quale, in modo sacrosanto, mette le mani avanti evidenziando che “non si può pensare di attribuire le competenze delle province alla Regione, altrimenti avremmo fallito”; ciò che invece sostiene coscienziosamente il presidente è proprio che “come Regione dobbiamo dismettere tante funzioni”.
Non tutti però sono d’accordo su tutto allo stesso modo e, tra i presenti, ci sono anche due onorevoli che questa proposta all’Ars non l’hanno votata. Si tratta di Bernardette Grasso e Nino Germanà. “L’ idea di intensificare le 3 città metropolitane avrebbe fatto pagare a Messina le conseguenze più grandi”, dichiara la deputata, che precisa inoltre: “il libero consorzio non è libero per niente perché ci devono essere 150mila abitanti a costituirlo”. Per la serie: una volta che sei dentro mica è tanto facile venir via, tranne che dietro la porta un sostituto d’emergenza non garantisca il mantenimento del numero minimo di cittadini al suo interno.
In merito a ciò, però, Picciolo puntualizza: “c’ è una norma di rinvio per capire come i comuni posso aderire o uscire dal consorzio”.
L’idea che anima la sua posizione politica è quella di una provincia che non si fermi a Barcellona ma che sconfini fino ai Nebrodi. Per Laccoto decentramento regionale, risparmio e competenze (dei consorzi) sono le parole chiave. “Dobbiamo fare una nuova legge che ci consenta di dare nuovi contenuti”, sostiene. Più che altro c’è bisogno di “fare una nuova legge”-aggiungiamo noi- che consenta di fare qualcosa visto che quella appena approvata, di fatto, sembra più una linea guida.
Sulle modalità di voto del sindaco si apre poi un ulteriore botta e risposta.
L’on. Germanà, preso da romanticismo paterno, paragona la Provincia alla protagonista di una favola, il cui cartoon racconta d’aver visto con la figlia qualche sera fa. “E’ come se avessimo davanti una principessa di ghiaccio. La politica è stata messa fuori da questo Palazzo e non è un bene”, un punto questo su cui in molti, bipartisan, hanno avuto da ridire sino ad oggi. “Ho votato contro questa legge, è vero, ma ho cercato di dare il mio contributo: sull’articolo 7 relativo alle città metropolitane abbiamo cercato di fare del nostro meglio”, commenta riferendosi all’emendamento presentato, votato all’unanimità dai suoi colleghi. “Questa legge è una cornice vuota”. Riforma delle province? Se il deputato Ncd avrebbe preferito meno assessori e meno consiglieri, la collega Zafarana riporta i colleghi con i piedi per terra o almeno ci prova. “Non voglio fare la Cassandra ma è giusto giusto parlare con trasparenza alle persone: non potevamo parlare di città metropolitane rapportandoci al parametro europeo”, in buona sostanza Messina non è Parigi e questo è sotto gli occhi di tutti.
“Ci siamo chiesti quale fosse la finalità di questa proposta-continua la “portavoce” pentastellata-, abbiamo chiesto informazioni e materiali che in assemblea non arrivavano”. Ma soprattutto, evitare perdita d’identità, operare una buona programmazione dei fondi dall’Europa e garantire la dignità dei singoli comuni, evitandone la spersonalizzazione; e a ciò si uniscono a logiche di decentramento e riduzione della spesa da tenere in considerazione forte.
“Ci siamo accodati e abbiamo sostenuto l’emendamento di Germanà”-cosa che ha fatto storcere il naso a non pochi- “perché poteva garantire a sempre più comuni di acquisire risorse. Sul territorio europeo abbiamo forte centralizzazione delle risorse e non possiamo calare questo vestito alla Sicilia -le singole realtà dei distretti devono essere garantite”, conclude Zafarana.
E se il M5S promuove una spending review concreta “ma non sulle spalle dei cittadini” e, per bocca della portavoce, si demonizza il rischio di ridurre tutto ad un “maquillage giuridico senza un senso”, l’augurio è che quel percorso iniziato in uno studio tv non resti fuffa in mano di 90 deputati e una giunta che, spesso, sembrano più attenti allo share che non al bene della Sicilia. (@eleonora.urzì)