Scorre via in un soffio, profondo come l’ispirazione letteraria da cui attinge, avvolgente come il viaggio dell’anima che racconta, “Il mondo offeso” di Mana Chuma Teatro, il settimo appuntamento della rassegna teatrale “Atto Unico. Scene di Vita, Vite di Scena”, prodotta da Quasi Anonima Produzioni. Lo spettacolo ha incantato gli spettatori del Teatro Savio con la semplicità genuina del teatro di narrazione, arricchito da lampi di immagini e da raffinate musiche originali.
A fare da nocchiero di questo itinerario è l’attore Salvatore Arena. Superba la sua interpretazione, il suo monologo-dialogante in cui la voce del protagonista – Silvestro – si mescola con naturalezza a quelle che incontra lungo il suo cammino, frammenti della “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini su cui la regista Maria Maglietta ha costruito insieme a Massimo Barilla la drammaturgia originale dello spettacolo.
L’impronta di Vittorini aleggia sulla messinscena fin dalle prime battute, resiste il sottotesto di critica sociale, di denuncia civile contro ogni forma di sfruttamento o di prevaricazione, mentre il clima che fa da sfondo al romanzo, scritto in piena epoca fascista, sfuma e lascia spazio, piuttosto, a una modernità sottile, esistenziale, che avvicina ancora di più gli spettatori alla pièce.
L’intera scena è dominata da un uomo e una sedia. Un’ambientazione intima, curata da Nicoletta Chiocca e Riccardo Sivelli, che lascia pieno spazio alla narrazione, sotto la particolare lente della conversazione, di un viaggio verso la casa, la madre, la terra (o la Madre Terra, traducendo il grecanico Mana Chuma). E insieme verso l’identità culturale e storica di un territorio, la Sicilia nella fattispecie, il Mezzogiorno più in generale, da sempre al centro della peculiare ricerca condotta dalla compagnia calabrese. Non è un caso che questa sia stata una delle prime opere che 12 anni fa ha impegnato Arena e Barilla, nonché il primo capitolo del progetto “A Sud della Memoria”, proseguito con gli spettacoli “Di terra e di sangue” e “’70voltesud”.
Silvestro, il protagonista de “Il mondo offeso”, vive come immerso in un unico, lento, inesorabile processo di sfaldamento, dall’apatia alla coscienza fino alla rabbia, sotto l’effetto del ricordo rivissuto di un’infanzia in Sicilia, di una diversa vita possibile, di un’adesione necessaria a valori più profondi, intrisi di saggezza arcaica. E se la narrazione non usa mai toni esasperati o sferzanti, ci pensano le video proiezioni di Mirto Baliani ad irradiare emozioni, più che colori, a segnare accenti, pause, puntini di sospensione. Altrettanto fanno le musiche originali di Luigi Polimeni, che calano sulla storia e sul pubblico quasi come un ulteriore personaggio, una quinta, una sesta voce, dopo le innumerevoli a cui ha dato vita Arena. Sarebbe riduttivo definire le immagini la cornice della rappresentazione esattamente quanto definire le musiche un sottofondo. Piuttosto, sono elementi narrativi inscindibili dal quadro, il tocco in più necessario per rendere “Il mondo offeso” quello che effettivamente è: un viaggio dell’anima tra colori d’emozioni e sagome di persone che scivolano leggere nello spazio, aggregandosi e disperdendosi in paesaggi mentali, sospesi nel vuoto.
Il prossimo appuntamento con la rassegna Atto Unico è per domenica 2 marzo, sempre alle 21.00 e sempre al Teatro Savio di Messina, con un debutto: “D.U.E.” (Il Clan degli attori), diretto da Roberto Bonaventura e interpretato da Giovanni Maria Currò e Mauro Failla. Lo spettacolo è un’altra ricerca, un altro studio sull’uomo e le sue reazioni, condotto attraverso le dinamiche che si stabiliscono tra due uomini chiusi in una stanza, in un crescendo di situazioni inverosimili che contribuiscono a rendere più concreto il mondo in cui si muovono.