Il 20 febbraio avrebbe spento 45 candeline Attilio Manca, l’urologo barcellonese trovato morto nella sua casa di Viterbo ormai 10 anni fa.
“Dopo il 2 settembre è come se ci fosse stato un risveglio delle coscienze”, dichiara la mamma del medico, alludendo al corteo realizzato l’autunno scorso a Barcellona Pg dall’ANAAM (ASSOCIAZIONE NAZIONALE AMICI ATTILIO MANCA), dopo l’archiviazione per i cinque indagati barcellonesi nel procedimento teso a far luce sulle cause della morte del giovanissimo dottore. Erano presenti in tanti in quell’occasione, dal sindaco Accorinti a colui il quale, di lì a poco, avrebbe assunto la difesa della famiglia, Antonino Ingroia. Quest’ultimo, atteso oggi a Messina, causa impegni terzi, non ha potuto presenziare all’ennesimo degli incontri che, a scadenza più o meno regolare, la parrocchia Santa Maria di Gesù propone ai giovanissimi delle scuole medie del territorio.
“Per i nostri ragazzi è importante conoscere la storia dalle voci di chi l’ha vissuta sulla sua pelle”, commenta padre Terenzio Pastore, organizzatore degli appuntamenti di cammino di legalità nell’anno pastorale 2013-14, che hanno già ospitato i fratelli di Graziella Campagna, Maria Falcone e molti altri testimoni di mafia, in passato.
Ha la voce ferma e una determinazione di ferro la signora Angela mentre, guardando la platea, racconta di grandi dolori ma anche di grandi soddisfazioni incassate fino ad ora: “a Corleone è stata dedicata una stanza ad Attilio, ma non in un posto qualunque, nella casa confiscata a Provenzano”. E la conquista è tangibile: “mio figlio è entrato nell’abitazione di Provenzano”, ribadisce; quel capo presumibilmente curato dal medico a Marsiglia nel 2003. Il condizionale è d’obbligo ma davanti a fatti eclatanti come quelli che sin qui sono emersi grazie -per lo più- alla tenacia della famiglia Manca, c’è poco spazio per i dubbi.
Presto, la commozione lascia posto all’orrore di una madre che il 20 gennaio scorso, vede per la prima volta le immagini scattate nel giorno del ritrovamento del corpo del figlio nella sua abitazione, poi mostrate in diretta tv da Servizio Pubblico. “Da quel giorno non ho più serenità: mi sveglio cinque, sei volte a notte pensando a cosa ha sofferto”, e per chiunque ascolti, è impossibile non sentire quel turbamento e quel tormento in modo empatico. Anche perché lei, la signora che gli studenti chiamano “nonna Angela” è apparentemente gracile e piccola, come fa notare l’amico Renato Accorinti seduto al suo fianco, ma “ha una potenza straordinaria e trasmette un’energia eccezionale”.
“La vicinanza di questi ragazzi per me è un’esperienza unica, non ho ancora avuto dei nipoti ma loro mi offrono esattamente quel tipo di amore, mi telefonano per sapere come sto, per tenersi aggiornati. E di questo devo ringraziare la professoressa Alina Mondo con cui sono in contatto tutto l’anno e che mi è sempre molto vicina”. Una delle docenti interessate al progetto è la referente della scuola media Ettore Castronovo -Bordonaro- i cui allievi, in apertura, hanno presentato una suggestiva performance, in omaggio a Manca e alla forza della verità che la sua famiglia persegue da tempo.
Questa è la scuola che ci piace, la scuola che forma e che ha un ruolo civico prima che didattico. Non perde occasione per ribadire l’importanza degli insegnanti nella formazione dei cittadini retti lo stesso Accorinti che ricorda “ho sempre seguito questi appuntamenti, fino allo scorso anno, come insegnante e so che lavoro incredibile c’è dietro”.
Oltre alla madre dell’urologo sono presenti anche il padre, signor Gino, e il fratello Gianluca il quale, quando interviene, con compitissimo garbo, enuncia parole di una chiarezza disarmante. Racconta della morte di Attilio come di una sorta di sacrificio dovuto per salvaguardare interessi di alcuni: “quando mio fratello ha capito che non aveva operato tale signor Gaspare Troìa ma Bernardo Provenzano, ha fatto l’enorme errore di confidarlo ad un amico”, si corregge, “al suo più caro amico. E questi l’ha venduto, per pochi spiccioli. Come Giuda fece con Gesù”, narra seduto ai piedi di un’imponente croce che domina la chiesa.
Ma di chi erano gli interessi da salvaguardare? Chi poteva temere il riconoscimento del boss ad opera del medico e rimetterci, più di altri? “Basta guardiate a chi sono i personaggi politici e istituzionali che hanno avuto benefici da questa situazione. Barcellona è cresciuta tanto in questi 10 anni. Osservate bene chi è cresciuto di più, chi ha avuto percorso più luminoso e capirete tante cose”.
Non le manda a dire neanche la madre, da sempre molto netta anche nei confronti delle istituzioni, compreso l’attuale presidente del Senato, Pietro Grasso, al quale, in passato, ha rivolto accuse importanti (come vi abbiamo raccontato nel maggio scorso). Il Presidente Napolitano non è risparmiato da questi attacchi più che pertinenti e legittimi: “lui, garante di Costituzione e giustizia non avrebbe mai dovuto permettersi di far distruggere le sue intercettazioni”. Persino davanti agli affondi rivolti ai cattivi giornalisti al soldo di pochi potenti che pilotano l’informazione, diventa complicato obiettare che si tratti di un’accusa infamante. “L’unico giornale serio rimasto è Il Fatto Quotidiano”, conclude. Bè forse non sarà l’unico serio ma di certo la crociata per la verità, anche a costo di essere tacciata di vilipendio, la redazione di Padellaro, la porta avanti senza demordere.
Insomma, le posizioni che la famiglia Manca ha in merito alla trattativa, tanto velate non appaiono da questi pezzetti che, come in un collage, abbiamo cercato di proporvi. Di certo, in una frase si racchiude il senso di una tragedia che dovremmo sentire tutti perché, in fondo, “e se Attilio fosse tuo fratello?”.
E sono le parole di Gianluca Manca, fratello non di un suicida, non di un drogato, autolesionista che si è autopercosso con violenza prima di lasciarsi morire, ma di una vittima di mafia: “è morto per far crescere una Barcellona politica ed economica malata e di certo non per bene”. (@eleonoraurzì – foto di Benito Corrao)