Defunte prima ancora di vedere la luce: che amara sorte è quella toccata alle città metropolitane. Intorno alle 16.00 di oggi pomeriggio (martedì 18), la deputazione regionale è tornata a riunirsi in Sala d’Ercole per discutere del disegno di legge sulla riforma delle Province. Tutto iniziò mesi fa quando, il co-conduttore dell’Arena di Giletti (così come ci piace chiamarlo), nonché Governatore della nostra ridente Isola, si espose in diretta tv, dichiarando all’Italia che, da buon pioniere, avrebbe cancellato la parola provincia dal dizionario della lingua siciliana. Da allora tante chiacchiere e pochi fatti.
Si è discusso di liberi consorzi e di città metropolitane, argomento che, specie nelle ultime settimane, a Messina ha fatto discutere parecchio: due consigli comunali aperti alla presenza dei professori universitari Limosani e Gambino, genitori di un progetto condiviso bipartisan dalla politica di casa nostra; svariati forum e talk tra tecnici, costituzionalisti (perché bisogna passare anche dalla Carta per attuare il grande progetto dell’Area integrata dello Stretto), politici, consulenti e sindacati.
Tra parrucconi e parrucchini, in tanti hanno detto la loro, qualcuno non ha detto niente ma l’ha fatto discretamente bene, altri hanno sostenuto posizioni tendenzialmente in accordo con il principio democratico del diritto di scegliere tra consorzi e città metropolitane (anche perché, come si fa a non esserlo? Fosse solo per la priorità che la stessa UE attribuisce a queste ultime, nella scala degli aventi diritto ai finanziamenti comunitari). In occasione dell’incontro tenutosi a Palazzo Zanca, con tanto di deputazione siciliana seduta tra i banchi dell’aula consiliare, sembrava unanime (o quasi) il coro levatosi. Unico assolo mancante, quello del M5S, data l’assenza della deputata messinese Valentina Zafarana.
E oggi, oltre l’opposizione, anche i pentastellati si sono pronunciati, all’Ars, a favore della soppressione delle città metropolitane. Quaranta, in tutto, i voti in sostegno all’emendamento che prevede l’abolizione delle norme a fondamento di queste realtà…anzi, utopie a quanto pare…almeno per la Sicilia e quantomeno per il momento. Se il pallottoliere non è rotto e il conteggio non erra però, qualcosa non torna: 40 a 34 e la proposta viene bocciata! “E’ la logica del voto segreto -scrive in una nota il deputato regionale Nino Germanà-. Il governo, a questo punto, deve fare i conti con la sua maggioranza e capire, tra i favorevoli, chi sono i franchi tiratori”, commenta l’onorevole del Nuovo Centro Destra che, nelle scorse settimane avevamo visto intervenire in occasione dei dibattiti, in favore della proposta dei docenti universitari, impegnandosi a far valere il principio di scelta democratica dei comuni; principio che oggi appare quantomai leso, secondo alcuni.
Infatti, uno degli argomenti più infuocati riguarda le poltrone delle presidenze delle province, occupate da commissari -e quindi incaricati, non eletti- , i cui mandati sono scaduti già da giorno 15. L’assessore regionale alla Funzione Pubblica rassicura che i decreti di nomina sono già pronti ma qualcuno fa notare alla Valenti che non sta al solo esecutivo disporre rinnovi d’incarichi, i quali devono prima essere confermati dall’Aula. Lo stesso Presidente Ardizzone (Udc) conferma l’esistenza di atti che consentono di non lasciare ulteriormente scoperti i ruoli istituzionali.
Inutile riportare l’intero botta e risposta tra le parti. Significativo l’on. Formica che, durante i lavori, sottolinea: “ doveva essere una legge di spending review e si sta trasformando in una norma che moltiplicherà i costi. E si toglie ai cittadini il diritto di votare solo per piazzare qualche trombato. Forse il governo pensa che i cittadini siano cretini”. Insomma, addio miraggio di un possibile progetto di miglioria a cui le storie raccontateci ultimamente ci stavano abituando: l’idea di un programma di crescita territoriale, aggregativo e maturo, stava iniziando a piacere, apparentemente in modo trasversale. Ma, si badi, l’ “apparentemente”, dati gli ultimi risvolti odierni, è d’obbligo.
Chissà come la prenderanno gli accademici che, forse dopo tanto, avevano avuto la sensazione di trovare un po’ di seria interlocuzione nella politica. E a chi si chiede “e ora che si fa?”, suggeriamo di riaprire il cassetto in cui, dall’estate scorsa, era stata nascosta la tessera elettorale: potrebbe tornare utile prima del previsto.(@eleonoraurzì)