“Uno degli strumenti per contrastare la corruzione è l’abolizione del segreto bancario: è questo uno dei punti proposti dalla Crim e approvato il 23 ottobre scorso dalla plenaria del Parlamento Europeo come forte atto di indirizzo politico agli Stati Membri dell’Ue”: lo dice Sonia Alfano, eurodeputato del gruppo Alde, presidente della Commissione Antimafia Europea commentando il primo rapporto dell’Ue sulla corruzione in Europa. Secondo la Commissione in Italia la corruzione si aggira attorno ai 60 miliardi all’anno, pari a circa il 4% del Pil.
“Il segreto bancario è stato finora uno degli strumenti più utili alle organizzazioni criminali per nascondere i profitti illeciti derivanti dalla corruzione e dal riciclaggio.
Nel Testo unico antimafia la Crim ha chiesto maggiori controlli, più trasparenza e l’introduzione di nuove norme sul conflitto di interessi (ad esempio tra il settore pubblico e quello privato) e in materia di appalti pubblici (anche l’esclusione dalle gare – per almeno 5 anni – per chi ha riportato condanne definitive) e a tutela di chi denuncia gli illeciti.
Molti dei “suggerimenti” della Commissione Europea resi noti oggi sono in pressoché identici a quelli contenuti nel testo della Crim approvato dal Parlamento Europeo. Questo fa ben sperare: significa che la Commissione Europea riconosce il nostro lavoro e intende dare seguito alle richieste del Parlamento.
I provvedimenti-pannicello recentemente pensati ed elaborati dalla classe politica italiana non possono certo essere una risposta alle esigenze di un’intera società vittima di un vero e proprio sistema criminale organizzato (di cui la politica si è rivelata troppo spesso complice): la frammentazione delle disposizioni relative ai reati di concussione e corruzione, così come la mancata reintroduzione del reato di falso in bilancio, fanno dell’ultima legge italiana anticorruzione un provvedimento insufficiente e sotto alcuni aspetti persino ambiguo.