Prosegue la querelle giudiziaria sul caso Attilio Manca. Ieri mattina, in udienza preliminare, il sostituto procuratore Renzo Petroselli del Tribunale di Viterbo, in poco meno di un’ora, ha sostanzialmente confermato la posizione tenuta fin qui dalla giustizia nei confronti della morte dell’urologo barcellonese: non un omicidio, bensì un suicidio causato dall’ iniezione volontaria di un mix letale di sostante stupefacenti. Sostanze che gli sarebbero state consegnate da tale Monica Mileti, cinquantenne romana, unica indagata (data l’archiviazione dei restanti cinque), per la quale la procura ha chiesto il proscioglimento del reato, ormai in prescrizione, di omicidio colposo per cessione di droga, confermando solo l’imputazione per reato di spaccio. Secondo l’accusa, espressasi in aula, sarebbe stata infatti la Mileti a consegnare la dose ad Attilio Manca, ipotesi a sostegno della quale ci sarebbe un’ impronta palmare dell’imputata sull’auto del dottore, con il quale essa avrebbe avuto l’incontro per la consegna proprio il giorno precedente al ritrovamento del cadavere.
Non ci stanno i familiari della vittima, da sempre convinti che la morte dell’urologo sia legata ad un’operazione effettuata su Bernardo Provenzano e sospettosi circa la presunta lacunosità delle indagini condotte dalla giustizia viterbese (a tal proposito ricordiamo la richiesta di ben 41 senatori di un ispezione allo stesso tribunale per verificare l’eventuale correttezza nelle operazioni d’indagine). Anomalie e incongruenze denunciate anche il 9 Gennaio alla trasmissione “Chi l’ha visto” (leggi qui l’articolo), della quale erano ospiti.
Insieme all’ex magistrato Antonio Ingroia, si sono costituiti parte civile.
Proprio Ingroia, in una lettera inviata alla redazione di Viterbonews24 nello stesso giorno della puntata della nota trasmissione prima menzionata, rilasciava pesanti dichiarazioni : “I cittadini si aspettano non solo magistrati autonomi e indipendenti, ma anche magistrati appassionati della verità, pronti ad ascoltare le istanze di giustizia dei cittadini, specialmente dei familiari delle vittime, e rispettosi del dolore di questi ultimi. Alla famiglia Manca è capitato un magistrato poco avvezzo alle cose di mafia, cosa che ci può stare, ma purtroppo anche un magistrato che non ha voluto guardare al di là del proprio naso, e che nei giorni scorsi insisteva con dichiarazioni pubbliche che addirittura rivendicavano miopia e inerzia investigativa”.
Lo stesso Ingroia, in merito all’udienza di ieri, ha così commentato: “La procura parla di testimoni a sostegno del fatto che Attilio si drogasse . Ma per noi sono tutti testimoni interessati. Uno è addirittura un ex indagato” (fonte: Tusciaweb).
Queste invece le parole di Gianluca Manca, fratello di Attilio: “Le teorie del pm Petroselli, il quale ha sempre messo in discussione la nostra teoria di omicidio, cercando di smontarla, ha avanzato richieste supportate da nessuna teoria giuridica, ma basate su prove superficiali e lacunose, anch’esse prive di appiglio giuridico. L’udienza è stata rinviata al tre febbraio per permettere all’avvocato Repici di discutere, insieme all’avvocato Ingroia, e ci sarà anche l’avvocato Placanica, per assistere l’imputata”.
Infine, uscirà a giorni il libro “Un ‘suicidio’ di mafia”, scritto da Luciano Mirone, un’opera-denuncia contenente alcuni retroscena dell’oscura vicenda di Attilio Manca. (foto tusciaweb)
(ROBERTO FAZIO)