LA MISERIA UMANA SECONDO PAOLO VIRZI’

Paolo Virzì è uno dei pochi registi italiani che sa cosa sia il Cinema, sa stare dietro la macchina da presa, ha un’idea di come scrivere e mettere in scena una storia e generalmente non ci fa vedere la solita cacca che altri “registi” invece, quasi settimanalmente, ci regalano (tanto per non far nomi: Parenti, Brizzi, Vanzina, Moccia, Verdone, eccetera eccetera).
Il capitale umano non fa eccezione, anche se ha più il sapore di un’occasione mancata a causa di alcuni difetti che ne inficiano la qualità finale, ma andiamo con ordine.
Virzì abbandona il suo consueto tono leggero per raccontarci, attraverso un drammatico incidente stradale, la miseria umana in cui l’Italia è precipitata; la cosa triste è che, nonostante si veda quanto i toni che vengono usati nel descrivere i personaggi siano esasperati, non è difficile credere quanto siano verosimili certi comportamenti.
La scelta di raccontare la storia incastrando 3 diversi punti di vista dei personaggi dà al film una connotazione quasi noir, che viene sottolineata dalla scelta di ambientarla in una Brianza fredda, e a tratti cupa, come freddi e cupi sono i cuori dei personaggi; ma questo non conferisce al film il tratto noir (nè tantomeno quello thriller) come ho letto da più parti.
E’ un film corale, e quindi la sua riuscita dipende molto da come sono scritti ed interpretati i personaggi,  ed è proprio qui che si trovano i principali punti deboli del film: i due patriarchi sono immobili nella loro miseria, non esiste nessuna evoluzione del loro personaggio durante lo svolgimento del film, e questo li rende terribilmente piatti. Bentivoglio caratterizza benissimo un personaggio viscido, arrampicatore sociale, pronto a sacrificare qualunque cosa per quattro soldi, ma così è  e così resta per tutto il film; l’interpretazione di Gifuni invece è anonima, e non regala nessuna emozione, nemmeno nei momenti più drammatici; molto bello il personaggio interpretato da Valeria Bruni Tedeschi, che, stranamente, rende bene una donna fragile e debole e anche Valeria Golino non è male. Bisogna spendere due parole in più invece per i due protagonisti più giovani.
Guglielmo Pinelli, il rampollo della famiglia ricca, ha un bel personaggio, che dava un punto di vista non consueto dello stereotipo del viziato figlio di papà, che però butta letteralmente via con un’interpretazione tremenda, che mina la credibilità dell’intero film. Un vero peccato.
Matilde Gioli è invece la rivelazione del film, sembra essere promettente, oltre che molto carina.
Il finale, ma questa è una considerazione assolutamente soggettiva, è troppo facilone e buonista; essendo però il punto di vista del regista, non è una questione opinabile.
Il capitale umano è un film italiano che potrebbe essere di qualunque altro posto, ci fa vedere impietosamente cosa siamo diventati, e lo fa in maniera credibile; i difetti di scrittura che ha lo rendono un film normale, ma nonostante questo, una spanna sopra la media dei film italiani che vediamo di solito.
Un voto in più di incoraggiamento.

(6,5/10)

(U.P.)

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