LO STATO DELLA CULTURA…IN GENERALE

Si fa presto a dire cultura. Per questo non dubitavamo di assistere ad un’assemblea in bilico tra uno “sfogatoio” (per usare l’espressione dello stesso assessore Tonino Perna) e il pallido riflesso di altisonanti “stati generali”. Però bisognava pur iniziare un percorso, soprattutto a sostegno di un’amministrazione che, a prescindere da onestà e buona volontà, a volte appare ingenua nell’affrontare le esigenze di un profondo cambiamento dei metodi di amministrare, col rischio di non centrare le questioni.

Evitiamo quindi di sottolineare alcuni momenti di sterile quanto logorroico narcisismo curriculare di alcuni intervenuti, per trovare una sintesi alla necessità di imprimere nella storia di questa nostra comunità, una svolta epocale (come l’ultimo voto ha illuso di decretare).

Non tutti gli operatori culturali hanno deciso di dare un loro contributo alla discussione odierna, incentrata su alcune aree tematiche quali musica, teatro, cinema, arti visive, danza. Il programma, infatti, prevedeva una reciproca conoscenza di chi lavora nel settore con il neoassessore, che sulla questione Capodanno ha necessariamente dovuto chiarire alcuni passaggi, visto l’innegabile malumore dell’assemblea sulla vicenda. Giustificazioni che se non lo salvano dalla responsabilità di aver operato scelte infelici, crediamo siano stati un precedente importante per la gestione futura di eventi e distribuzione di risorse. (vedi video)

Non sono mancati momenti di tensione: rabbioso e inutilmente razzista l’intervento di Franz Riccobono che, pur partendo dal ragionevole desiderio di dare spazio alle questioni riguardanti musei ed eventi tradizionali (pensiamo la Vara o le celebrazioni tra il nostalgico e lo storico di cui in questi ultimi anni si è fatto promotore ), ha lasciato l’assemblea in malo modo con una frase in antitesi a quella che invece è l’essenza della più antica e nobile cultura messinese e siciliana: cioè la multietnicità. Per questo lo riportiamo nelle cronache: quando in polemica ha deciso di lasciare la sala, poteva evitare di lasciarsi andare all’espressione “Cosa ne sa lei, torni al suo paese”, rivolta ad una signora argentina che nel suo intervento aveva per l’appunto fatto l’esempio di come anche il folklore può esprimere cultura popolare e alimentare turismo e lavoro, partendo da una esperienza personale.

Lo riportiamo perchè questo brutto episodio ha però dato una improvvisa accelerazione al dibattito, che si è finalmente aperto a quello che doveva essere il punto centrale: non come, ma quale cultura vogliamo rilanciare. E qui c’è tutta la visione politica e la responsabilità delle scelte che, sebbene condivise e partecipate, necessitano di un indirizzo, di una presa di coscienza.

Non è un caso che gli interventi più credibili siano stati quelli di alcuni rappresentati del Teatro Pinelli Occupato, che nell’ultimo anno si è attestato come luogo di confronto e ricerca, attraverso un metodo nuovo, che è la vera sfida per tutti quelli che sentono l’urgenza di esprimere la propria individualità in una collettività accogliente.

Una rivoluzione culturale che non può non coinvolgere le periferie, che non può prescindere dalla naturale vocazione alla multiculturalità. Senza settarismi di genere, senza mortificare le piccole realtà, ma con discernimento. Bisogna salvare le esperienze decennali che hanno reso meno arido il panorama messinese, bisogna riconoscere le eccellenze e dare spazio alle novità dignitose di veicolare conoscenza. E solo chi vorrà e saprà  fare un passo indietro potrà permettere a tutti di fare due passi avanti. (@palmira.mancuso)

 

 

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