SERIE A: LA JUVE STACCA LA ROMA SHAKESPEARIANA, 100 VOLTE KAKÁ, SOLLIEVO PEPITO

Tantissimi gli spunti di riflessione offerti dalla diciottesima giornata di serie A, penultima del girone di andata: proveremo ad analizzarli quanto più sinteticamente possibile, iniziando naturalmente dal piatto forte del weekend, se non dell’intera prima parte della stagione. Gli occhi dell’Italia del calcio domenica sera erano tutti puntati su Torino, Juventus-Roma rappresentava una sorta di oracolo per le sorti della lotta scudetto. Ebbene, il responso è stato quello preventivato, anche se ci si attenderva un risultato meno rotondo del 3-0 con il quale Madama ha temporaneamente archiviato le velleità tricolori della banda Garcia, che esce malissimo dal confronto diretto non solum per l’esito della contesa sed etiam per il chiacchiericcio che l’aveva preceduta. Da Totti al De Rossi Kenshiro, passando per chi nella Capitale si era auspicato un arbitro inglese per la direzione della partitissima, in tanti sulla sponda giallorossa del Tevere avranno rimpianto di aver inscenato la riedizione romanesca del Molto rumore per nulla shakespeariano, la celebre tragicommedia – ambientata a Messina – griffata dal letterario vessillo d’Albione dalle discusse origini. La Magica, unitamente ai bianconeri, finora era stata la squadra che aveva convinto di più, al di là dell’imbattibilità che già di per sé rappresentava un significativo biglietto da visita, ma la differenza tra le due compagini nei novanta minuti è parsa evidente. Il piglio da prima della classe lo si conquista e mantiene nel tempo e la Juve, dopo i primi due mesi altalenanti, ha ritrovato la verve dei giorni migliori. Sia chiaro, mancano ancora venti giornate al termine delle ostilità – un’eternità – e il margine di 8 punti sulla carta non è incolmabile, bastano tre passi falsi, ma questa vittoria, la decima consecutiva per gli uomini di Antonio Conte frattanto laureatisi campioni d’inverno, vale ben più di un’iscrizione ipotecaria sul tri(s)colore.

Ad approfittare del primo stop stagionale della Roma è stato il Napoli, che ha seguito la cometa – materializzatasi nello spicchio di cielo sovrastante lo Stadium – regolando al San Paolo la Sampdoria, grazie alla doppietta di Mertens e alla dea bendata, che ha baciato gli azzurri in occasione dei legni colpiti dai blucerchiati Gabbiadini e Sansone. Il meritato successo consente ai partenopei di piombare a ridosso della piazza d’onore, distante adesso soltanto due lunghezze. L’altrettanto importante acuto della Fiorentina, impostasi di misura al Franchi nel derby contro il Livorno, è stato invece macchiato dall’infortunio occorso a Giuseppe Rossi in seguito alla sciagurata entrata di Leandro Rinaudo, il classico difensore che al fantacalcio neanche a costo zero viene scelto per completare il reparto e che – a trent’anni suonati – ha trovato il modo peggiore per balzare agli onori della cronaca pallonara. Fortunatamente l’allarme per Pepito è relativamente rientrato: si temeva la terza rottura del crociato e addirittura per la carriera del ventiseienne attaccante della Nazionale, ma entro due-tre mesi dovremmo rivederlo in campo.

Alle spalle dei viola, al quinto posto troviamo il Verona di Mandorlini, non più una sorpresa, bravo a capitalizzare le prodezze dei gemelli del gol Toni e Iturbe per espugnare il Friuli di Udine che presto potrebbe perdere l’uomo simbolo Di Natale. Dopo il fischio finale, il trentaseienne Totò ha infatti preannunciato in mixed-zone il ritiro a fine stagione: forse uno sfogo dettato della constatazione di non riuscire più a fare la differenza (appena 4 le reti realizzate sin qui), forse la nuda e cruda verità, a breve ne sapremo di più.

Non poteva sognare ritorno migliore il buon Edy Reja. Tornato sul ponte di comando biancoceleste dopo 603 giorni, l’esperto mister goriziano ha mandato in campo una Lazio apparsa già rinfrancata rispetto ai balbettii della freschissima era Petkovic. A fare le spese dell’avvicendamento in panchina è stata l’Inter, il cantiere aperto di mastro Mazzarri rischia di restare un’incompiuta totale: la splendida volée di Miroslav Klose frustra ulteriormente le ambizioni europee dei nerazzurri, con Walter al timone l’obiettivo malcelato era quanto meno il terzo posto, ma il Napoli sta scappando e se Thohir pensa di intervenire che lo faccia ora, maledettamente e subito.

Umori opposti sull’altra riva del Naviglio, dove il Milan festeggia i 100 gol in rossonero di Ricardo Kaká, autentico mattatore nel 3-0 rifilato all’Atalanta. I rossoneri si godono anche Bryan Cristante, nome di battesimo opinabile ma colpi da predestinato, sperando non faccia la stessa fine di Paloschi, uno che il suo primo gol con la maglia del Diavolo ai tempi l’aveva siglato dopo 18 secondi dall’esordio…e che oggi fatica a trovare spazio al Chievo. Il tutto sotto gli occhi di Keisuke Honda, presente in tribuna al fianco di Adriano Galliani, un affare vero l’arrivo a parametro zero del nipponico a lungo inseguito, non solo un toccasana per il merchandising.

Per quanto riguarda le altre partite, il figliol prodigo Francesco Lodi ha trascinato il Catania contro il Bologna, un exploit che rilancia le speranze salvezza degli etnei, accorcia la classifica e inguaia il tecnico felsineo Stefano Pioli, finito sulla graticola in compagnia del collega Di Francesco, capitolato a Marassi con il suo Sassuolo al cospetto del Genoa. Sorrisi davanti al pubblico amico anche per il Parma, vittorioso al Tardini in rimonta sul Torino di Giampiero Ventura che magari, dato che Immobile si era appena infortunato, poteva evitare di sostituire contestualmente anche Cerci. L’unico segno ics della giornata si è infine registrato nel primo soporifero anticipo del Bentegodi tra Chievo e Cagliari, ultima apparizione con la casacca sarda di Radja Nainggolan.

JODY COLLETTI      Twitter:  @jodycolletti

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it