Mobilitazione, sciopero della fame, oggi la conferma che lunedì la tendopoli del Palanebiolo sarà smontata. L’attesa risposta da parte del Ministero, annunciata dal Sindaco Accorinti, è arrivata, ma forse non nei termini in cui si aspettava lo stesso primo cittadino: ieri e oggi sono iniziati i trasferimenti a Pozzallo, un centinaio di persone hanno già raggiunto quello ribattezzato come “il campo dei pestaggi”, altri rimarranno qui a Messina, alla Caserma Gasparro Masotti di Bisconte, così come reso noto dal ministero della Difesa “che ha già provveduto nei giorni scorsi ad individuare un immobile, informando il ministero dell’Interno. Tale spazio, nei tempi della cessione da parte del Demanio, potrà transitare nella disponibilità del citato ministero in modo da ottemperare alle necessità di queste ore”.
Ma non è il tempo di festeggiare una “vittoria” piuttosto di riflettere sulla pessima gestione di un’accoglienza che ha segnato la vita della comunità messinese. Non di tutti, certo. Due le prospettive: il dato politico e quello sociale, che hanno condizionato l’evoluzione di un fenomeno a cui Messina evidentemente non era preparata.
Così piuttosto che essere laboratorio per nuove modalità di gestire quelle che non possono più essere considerate emergenze, fuori dalle logiche del business dei campi profughi, abbiamo ottenuto di allontanare la responsabilità politica di una tendopoli ai limiti dell’umana dignità, lasciando che le dinamiche dell’accoglienza restino fuori dalla nostra area di interesse politico, sociale e culturale. Insomma, un sospiro di sollievo, il problema tornerà presto a non essere “un nostro problema”. Tendopoli sparita, migranti in caserma. Perfetto.
Eppure se qualcosa deve rimanere di questa esperienza, oltre al danneggiamento della struttura del campo di baseball, è l’assoluto silenzio delle principali forze politiche, se non per la recente visita di D’Uva (M5S), che non hanno detto una parola chiara e univoca per indirizzare l’opinione pubblica su una visione ampia della questione immigrazione e del ruolo geopolitico di Messina, piuttosto che ridurre il dibattito sui social ad indecorosi teatrini di bassissimo livello dove il dualismo è ancora quello del “razzista-antirazzista”, alimentato dalla crisi che ci sta rendendo sempre più egosisti (cosa ben distinta da un individualismo sano e partecipativo).
Gli unici interlocutori politici degli immigrati giunti a Messina, sono stati i giovani del Teatro Pinelli Occupato, che hanno ovviamente rappresentato la loro visione, ma che hanno agito dando corpo, luogo e contatto umano alle istanze dei richiedenti asilo. E che anche stamattina sono con loro (vedi foto) in attesa di capire qual è la struttura alternativa alla tendopoli per quelli rimasti a Messina prima di raggiungere gli SPRAR, cioè i sistemi di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
La risposta politica dell’amministrazione è stata poco incisiva: se merito va dato all’assessore Mantineo e all’esperta Clelia Marano di farsi tramite con associazioni (vedi AIBI) e luoghi di volontariato religioso, vi è stata però mancanza di comunicazione all’interno della sfera politica riconducibile alla giunta, per non parlare dei rapporti con Prefettura e istituzioni religiose.
Politicamente, un fallimento. Una bomba esplosa su un tessuto sociale pericolosamente sottratto all’indifferenza nel peggior modo possibile, solo attraverso una reazione scomposta e che ha soltanto amplificato le posizioni di pochi a scapito di una necessaria mobilitazione di molti. (Pal.Ma.)