Estorsioni nei cantieri edili, dove la “richiesta” era il pagamento del pizzo o l’assunzione. Biglietti minatori con la pretesa di mettersi in contatto con “gli amici” e per chi non pagava, la ritorsione immediata (come l’incendio di un escavatore all’interno di un cantiere). E pronto a pagare, secondo gli inquirenti, c’era anche un ex calciatore che ha avviato un impianto sportivo, l’ex capitano Carmine Coppola che “sembrava disponibile alla corresponsione di una somma di denaro”. Ma per il sodalizio criminale sono scattate le manette. E’ stata sgominata una banda formata da 12 persone, arrestate nelle prime ore di stamani dai poliziotti della Squadra Mobile di Messina in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, con l’aggravante della disponibilità di armi, e di una serie di reati fine, tra cui estorsioni, tentate e consumate, commesse con l’aggravante del metodo mafioso, detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, danneggiamenti, furti.
Il G.I.P. Antonino Francesco Genovese, su richiesta dei Sostituti Procuratori della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, Camillo Falvo e Diego Capece Minutolo, ha disposto l’applicazione di misure cautelari in carcere nei confronti di:
- Santi FERRANTE, messinese di anni 59, già detenuto presso la Casa Circondariale di Sulmona;
- Antonino GENOVESE, messinese di anni 59;
- Maria GENOVESE , messinese di anni 53;
- Raffaele GENOVESE, messinese di anni 48, sottoposto al regime della semilibertà presso la Casa Circondariale di Messina-Gazzi;
- Francesco LA ROSA, messinese di anni 60, già detenuto presso la Casa Circondariale di Messina-Gazzi.
- Francesco DI BIASE, messinese di anni 39;
- Vittorio DI PIETRO, messinese di anni 36, già agli arresti domiciliari nel Comune di Caprie (To) .
- Sebastiano FRENI Sebastiano, messinese di anni 32;
- Gianfranco LA ROSA, messinese di anni 34;
- Enrico OLIVERI, messinese di anni 25;
- Giovanni LANZA, messinese di anni 32;
- Salvatore TRIOLO nativo di Rosarno ( RC) di anni 37, residente a Messina;
Inoltre, è stata eseguita la misura dell’Obbligo di Dimora nel Comune di Residenza nei confronti di Salvatore MORABITO, messinese di anni 43.
L’indagine trae origine dall’arresto del pregiudicato Vittorio DI PIETRO, avvenuto in data 15.02.2012, in esecuzione dell’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere per il reato di estorsione in danno di due commercianti operanti nel quartiere Camaro, ed ha portato alla luce un’organizzazione criminale, di tipo mafioso, operante proprio nel rione di Camaro, ma che ha esteso la sua illecita influenza anche alle zone limitrofe, dedita precipuamente alle estorsioni in danno di operatori commerciali e di imprenditori edili.
L’associazione mafiosa era costituita da tutti gli odierni arrestati, gravati da precedenti e pregiudizi penali, ad eccezione di Salvatore MORABITO.
Al vertice dell’organizzazione “familiare” (Raffaele e Antonino Genovese sono fratelli, e cognati di La Rosa), secondo gli inquirenti, Francesco LA ROSA che dirigeva ed organizzava l’associazione, stabilendo le strategie da seguire, impartendo disposizioni agli altri, partecipando alle attività estorsive, stabilendo alleanze e accordi con altri gruppi mafiosi della città: al suo fianco i più vicini Gianfranco LA ROSA e Antonino GENOVESE che lo aiutavano, intrattenendo per conto di questo rapporti con gli associati e con altri malavitosi, recapitando messaggi, custodendo parte dei proventi illeciti, distribuendo gli stessi tra gli altri sodali e partecipando alle attività estorsive anche mediante il compimento di danneggiamenti ed atti intimidatori. Nel gruppo anche una donna, Maria GENOVESE, una sorta di contabile, che con La Rosa dava disposizioni e riscuoteva i proventi illeciti che gli altri sodali si procuravano, stabilendo come ripartirli tra gli stessi. Raffaele GENOVESE e Santi FERRANTE , costantemente informati delle attività di volta in volta svolte, con il loro consenso e con il carisma criminale, contribuivano a rafforzare le attività illecite del sodalizio, partecipando alla divisione dei guadagni. Vittorio DI PIETRO, Sebastiano FRENI, Giovanni LANZA , Fabio MAFFEI, Enrico OLIVERI e Salvatore TRIOLO collaboravano nelle attività illecite, eseguendo le direttive impartite dai superiori gerarchici e partecipando all’attività estorsiva, anche mediante il compimento di danneggiamenti ed atti intimidatori.
Il gruppo disponeva di una cassa comune, gestita da Antonino GENOVESE, che provvedeva alla distribuzione degli utili tra i vari adepti ed a destinare una parte delle risorse al mantenimento dei detenuti.
Secondo quanto appurato dagli investigatori, l’organizzazione criminale, avanzava le richieste di denaro “a tappeto”, anche recapitando biglietti dal contenuto minatorio agli esercenti della zona, con l’invito a contattare “amici”. La capacità intimidatrice della banda era dovuta dall’influenza criminale dei suoi vertici, in grado di rapportarsi con personaggi di primo piano nel panorama della malavita messinese, rivendicando l’accesso del clan alla spartizione dei proventi illeciti. Francesco LA ROSA, infatti, riceveva sostegni economici da soggetti già coinvolti in procedimenti di criminalità organizzata.
Gli appartenenti al clan approfittavano della loro ” fama criminale” sul territorio, dovuta anche alla disponibilità di armi, che li portava a ostentare il proprio “ruolo” pretendendo dai commercianti merce ed alimentari senza mai pagare: un modus operandi descritto anche nelle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia.
Il clan di Camaro faceva paura, tanto che le indagini non hanno trovato alcuna collaborazione da parte delle vittime: “fatta eccezione per l’atteggiamento collaborativo di uno dei responsabili di cantiere – confermano gli inquirenti – gli altri soggetti destinatari di richieste di denaro o di assunzioni hanno negato intimidazioni o ricatti, hanno mantenuto un contegno reticente, omettendo di fornire contributi utili all’accertamento dei fatti.”
Tra gli odierni arrestati, spicca inoltre la figura di Santi FERRANTE, personaggio di primo piano della criminalità organizzata nel rione Camaro di Messina, condannato per omicidio, estorsione, rapina, usura, associazione per delinquere di tipo mafioso e finalizzata al traffico di stupefacenti, il quale, nonostante il regime carcerario – come emerso dalle operazioni di intercettazione dei colloqui in carcere coi familiari – ha continuato a gestire le attività illecite del gruppo criminale, ricevendo informazioni su imminenti prospettive di guadagno. “Era, infatti, portato a conoscenza dell’apertura di un impianto sportivo – rivelano gli inquirenti – il cui proprietario, un ex calciatore del “Messina” sembrava disponibile alla corresponsione di una somma di denaro”.
Nel corso dell’attività d’indagine, Francesco LA ROSA veniva tratto in arresto, poiché all’interno di un’abitazione nella sua disponibilità, veniva rinvenuto e sequestrato un ingente quantitativo di sostanza stupefacente del tipo marijuana.
Nel corso delle perquisizioni domiciliari a carico dei destinatari delle misure cautelari, oltre a numerosa documentazione, presso l’abitazione di Francesco DI BIASE è stata rinvenuta e sequestrata, a suo carico, una pistola 7,65, con matricola abrasa, con relativo caricatore munito di n°15 proiettili del medesimo calibro, nonché un caricatore per pistola 9×21, munito di n°6 proiettili del medesimo calibro.