Trovo allarmante che in una democrazia ci siano ancora Alti Comandi Militari che possano permettersi di “non invitare” il Sindaco di una città a cerimonie ufficiali. Senza scomodare grandi costituzionalisti, e mettendo da parte simpatie politiche o antipatie personali, Renato Accorinti è la massima autorità civile della città di Messina.
Ricordando che “l’assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane è il fondamento dei doveri del militare” è quanto mai doloroso consegnare alla storia e alle cronache giornalistiche, la notizia di polemiche e peggio ancora di fatti interpretabili quali “ripicche” tra un Generale dell’Arma e un Primo Cittadino.
Nel regolamento di disciplina militare, all’art.10 sui doveri attinenti al grado, il comma 2 stabilisce che il militare “deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possano comunque condizionare l’esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell’istituzione cui appartiene e pregiudicare l’estraneità delle Forze armate come tali alle competizioni politiche, fatto salvo quanto stabilito dal successivo art. 29”.
E non è un caso se il capo delle Forze Armate è il Presidente della Repubblica, massima autorità civile dello Stato. Insomma, ci sembra assurdo dover ricordare che in alcuni casi le “opinoni” politiche o i commenti giornalistici non possono prescindere da assunti elementari, come quello che in Italia l’autorità militare è subordinata a quella civile. Ecco quindi che i gesti e l’atteggiamento di un Generale rischiano oggi pericolosamente di costringere l’opinione pubblica a dover prendere posizione a “favore” o “contro” due Istituzioni sulla cui armonia si fonda la sovranità nazionale.
Non possiamo pertanto accettare da cittadini la ricostruzione giornalistica fin qui mai smentita di un Generale dell’Arma che si “irrita” dinanzi ad un Sindaco e che lascia la Piazza fornendo elementi per polemizzare su una presunta “lesa maestà” (reato sostituito dal vilipendio, introdotto dal Codice Rocco nel 1930, e che doveva essere abrogato con la Costituzione perché contrario alla libera manifestazione del pensiero, difficile da determinare e interamente sovrapponibile al reato di diffamazione).
Anche se non ci sono dichiarazioni ufficiali, la questione è molto delicata e il rischio di ridurre la vicenda ad un fatto “locale” o peggio “personale” non può giustificare la gravità di una “dimenticanza” da troppi interpretata come scontro aperto tra l’Arma dei Carabinieri e un Sindaco della Repubblica Italiana.
In questo caso se è lecito commentare, argomentare e criticare le responsabilità politiche di aprire una bandiera della pace nel corso di una cerimonia ufficiale dal protocollo ingessato, non è lecito giustificare la provocazione di un militare in alto grado e nell’esercizio delle sue funzioni contro un’autorità civile.
Giusto per evitare cattive interpretazioni: non è il caso di chiedere ai messinesi se stanno con l’Arma o con il Sindaco, perché sarebbe come chiedere ad un bambino se vuole più bene alla mamma o al papà. (PAL.MA.)