In occasione della notte delle streghe, Giovedì 31, siamo riusciti ad intercettare i Calibro 35 durante il loro soundcheck al Retronouveau, il live club messinese, che ha ospitato la prima data Siciliana della band in tour per promuovere “Traditori Di Tutti”, il loro nuovo album, ispirato all’omonimo romanzo di Giorgio Scerbanenco e alla Milano noir.
Famosi non soltanto in Italia ma anche all’estero per aver esportato un sound “Made in Italy” che prende spunto dalle colonne sonore dei film polizieschi anni 70, i Calibro 35, quartetto composto da Massimo Martellotta (Chitarre e Lapsteel), Enrico Gabrielli (organi e fiati), Fabio Rondanini (Batteria) e Luca Cavina (basso) è ormai una realtà consolidata nel panorama musicale italiano e con “Traditori Di Tutti” si appresta a compiere un ulteriore salto di qualità grazie ad un disco che per la prima volta contiene solo ed esclusivamente brani originali, mantenendo intatto il loro stile.
Nelle concitate fasi che precedono il live siamo riusciti a scambiare due chiacchiere con Enrico Gabrieli e Massimo Martellotta.
Prima di tutto grazie per la disponibilità, partiamo subito con “Traditori di Tutti” che per la stampa del settore potrebbe rappresentare un nuovo filone musicale per i Calibro 35, non più quello di ispirazione cinematografica ma “letterario” in virtù dì un album basato sul libro di Scerbanenco, chiariamo meglio ciò che sta dietro questo disco ?
Massimo: Allora… la cultura secondo noi non è composta da compartimenti stagni, la letteratura non è diversa dal cinema. Questa volta ci siamo ispirati ad un racconto di Scerbanenco perchè fondamentalmente è l’autore di un sacco di romanzi e di molte sceneggiature di film polizieschi italiani, ecco perché ci siamo ispirati a Scerbanenco, non per una questione legata alla letteratura. Questo romanzo in particolare (“Traditori di tutti”) non è mai diventato un film. Ci siamo dati dei paletti estetici sulla base del romanzo, dando addirittura prima dei titoli che ci sembravano plausibili sulla base dei personaggi del romanzo e successivamente lavorandoci sopra e cercando di fare un disco più, diciamo… “noir” del solito ma l’immaginario che sta dietro è sempre quello cinematografico.
Di solito si dice che il terzo album per una band è quello della maturità, voi con “Traditori di Tutti” siete al quarto album, possiamo affermare che forse è questo l’album della maturità, visto che include solo ed esclusivamente brani originali ?
Massimo: In realtà, già dal secondo disco in poi la maggioranza dei brani erano composti da noi, ma i dischi prevedevano anche altre composizioni non scritte direttamente dai Calibro 35. In questo caso non abbiamo deciso a tavolino di comporre un disco con soli brani inediti ma, una volta entrati in studio, come al solito, ci siamo ritrovati con molto più materiale a disposizione rispetto a ciò che serviva per comporre il disco stesso, quindi abbiamo deciso in questo caso di non citare i grandi artisti del passato preferendo invece scremare il meglio di ciò che avevamo creato in sala scegliendo quei brani che secondo noi erano più attinenti al nostro concept, a ciò che avevamo in mente per il disco. Il fatto di non avere come riferimento un Morriconi , un Piccioni o un Ferri, come in passato, ci può anche stare, ma detto ciò l’immaginario è sempre quello come sonorità…
Una curiosità che ho fin dal vostro primo disco, l’omonimo Calibro 35, è se Il riferimento al cinema poliziesco degli anni 70 è un riferimento che voi avete perché appassionati di quel genere o perché quel periodo vi ha ispirato anche dal punto di vista, non so… “socio-culturale”, dal punto di vista del costume e della società…
Enrico: No, non c’è un interessamento culturale o sociale, ne un’attenzione maniacale a quel periodo, da parte di nessuno di noi, c’è chi ha trovato qualcosa di interessante in quegli anni lì, magari dal punto di vista storico culturale, c’è chi magari sa solo quello che c’è da sapere di quegli anni, quanto basta per noi Calibro 35. Noi non siamo un gruppo che “vive gli anni 70”, tanto per intenderci , ma un gruppo che fa musica che in qualche maniera gioca un ruolo che è quello di essere una specie di strana reinvenzione di un mondo, di un immaginario legato a quel periodo ma, in realtà, nessuno di noi è un appassionato di vestiti, di macchine o di politica e società di quel periodo. Abbiamo filtrato tutto attraverso delle personali visioni del contesto storico di quel periodo.
Era sicuramente un periodo storico molto prolifico: il “made in Italy”, ad esempio, era veramente un punto di riferimento nel mondo in vari ambiti; più che assorbire le mode le dettavamo, cosa che non accade oggi…
Enrico: Infatti, l’industria italiana è andata avanti almeno fino agli anni 80, camminando in maniera spedita. I problemi, quelli veri, sono arrivati successivamente con il crollo del sistema politico italiano, da tangentopoli in poi, che ha segnato realmente la fine di tutto un percorso.
Noi non siamo più un paese industriale, non sappiamo produrre altro che sia cibo e turismo, roba legata al passato. Andando spesso all’estero ci accorgiamo di come ormai non siamo neanche una “minoranza etnica”; diciamo come quando ci sono le olimpiadi che c’è il Camerun che ha una squadra sola in una disciplina sola e poi 450 americani in varie discipline, non so se rendo l’idea…
Ecco, proprio riguardo le vostre esperienze all’estero, mi chiedevo se esiste una differenza nel modo con cui il pubblico si approccia ad un live, se esistono differenze tra il pubblico italiano e quello americano tanto per fare un esempio…
Massimo: La differenza, in generale, viene fatta dal tipo di mercato discografico. Un mercato un pò più ampio crea la comodità per sperimentare “cose”, quindi più la coperta è larga più la proposta può essere più ampia ma anche perchè così c’è molta più possibilità. Più il mercato è piccolo e più inevitabilmente un proposta poco mainstream è difficile portarla avanti.
Detto questo, l’approccio lo denoti anche da questi fattori e da come appunto il pubblico è “educato” alla base. La differenza sostanziale spesso è nel tipo di organizzazione . Un esempio che posso fare è che mentre in Italia è previsto un cachet per un concerto, in America non è previsto e si basa su quanta gente porti, questo da una parte è crudele dall’altra ti responsabilizza nel creare una band che sia un progetto ben radicato dove devi impegnarti inevitabilmente per spingere al massimo le tue idee.
Nei vostri concerti in America che tipo di pubblico vi siete ritrovati davanti ? Italiani immigrati dell’ultima ora o qualcosa di più variegato ?
Massimo: Questo fortunatamente ci capita molto poco, A NY un po di più perché è enorme ed è piena di italiani, però tendenzialmente abbiamo avuto la fortuna di suonare davanti ad un pubblico molto vario..
Enrico: Questo perché noi non siamo un gruppo famosissimo in Italia, se fossimo famosi in Italia all’estero troveremmo molti più italiani ai nostri concerti. Quando tempo fa sono stato in America con altre realtà piuttosto note in Italia ho suonato in posti stracolmi di italiani. Jovanotti ha fatto il tour in America e davanti aveva praticamente tutti italiani.
Anche se è sicuramente una domanda complessa da fare, come nasce un brano dei Calibro 35 ?
Enrico: Max ad esempio scrive molti brani dei Calibro ma è un processo strano da definire..
Massimo: Si io scrivo, ma ognuno ha il suo modo di fare all’interno del gruppo. Io ad esempio uso molto il computer quindi magari mi preparo dei “provini” pensando cosa può fare l’organo o la chitarra etc. .. chi invece arriva con lo “spartitino” ed esegue. Luca, invece, ha spesso tutto strutturato nel cervello quindi certe volte esce fuori con un pezzo già strutturatissimo e ben congegnato, il problema è che spesso lo spiega a voce però che è molto più difficile da comprendere come puoi intuire…
(risate…)
Una domanda che possiamo definire “bastarda”: Un disco, ditemi un disco che vi ha veramente influenzato nella vostra vita..
Enrico: Difficile onestamente… Come definire un alimento che nella tua vita apprezzi più di altri…
Massimo: E’ difficile, tu intanto pensaci…. Io dico il primo dei Led Zeppelin, ma solo perché effettivamente mi ha aperto un “mondo” nuovo. Avevo 13 anni, arrivavo da ascolti stile Bon Jovi, Aerosmith, questa roba molto patinata che ascoltava mio fratello, invece mentre ero proprio in America con i miei comprai un disco dei Led Zeppelin che al primo ascolto mi sembrava molto rozzo, proprio perché godeva di una produzione diversa, e invece ho capito, grazie a quel disco, che il rock n’roll era altro quindi se prima mi suonava “sfigato” perché molto meno patinato nella produzione, pian piano capii la vera magia del rock diciamo.
Enrico: Si è una domanda quasi impossibile… ma un disco che mi ha influenzato molto probabilmente è il primo dei Talk Talk, forse, però non lo so…
(ancora risate..)
Ultima domanda e vi lascio liberi di completare il soundcheck , vi hanno definito in tantissimi modi: Funky, Jazz, Beat, Fusion, Rock etc.. I Calibro 35 come definiscono i Calibro 35 ?
Enrico: Abbiamo trovato una definizione parziale e momentanea per questo nostro periodo che ci suona ottima: “Crime Funk”
Massimo: Si ,“Crime Funk” che fondamentalmente non vuol dire niente però capisci che non è il funky classico, quello che dici “dai balliamo!”ma qualcosa che si avvicina, poi questo termine a noi fa pensare anche agli inseguimenti polizieschi etc. in realtà è difficile da classificare il nostro genere ma di base il funk c’è sicuro..
Enrico: che poi fondamentalmente il nostro è gia un genere che viene definito “instrumental” , senza voce.
Di base noi siamo 4 persone, 5 con Tommy che possiamo definire il quinto Calibro 35, quello che non suona con noi live, ma con il quale ci confrontiamo giornalmente, molto diverse come formazione musicale però abbiamo dei punti in comune molto chiari e definiti.
Siamo giunti alla fine, grazie per la disponibilità è stato veramente un piacere, un grosso in bocca al lupo per questa sera e per il futuro dei Calibro 35.
Massimo e Enrico: Figurati ! grazie a te e crepi il lupo, alla prossima…..
(FRANCESCO ALGERI)
(FOTOGRAFIE DI”MAURO KUMA” E “CHRISTIAN CANNAVO'”)