Se ad un tifoso della Roma esattamente due mesi fa avessero detto, nel corso della fischiatissima presentazione all’Olimpico (era il 21 agosto), che 60 giorni dopo i giallorossi sarebbero stati lassù – a punteggio pieno e con queste modalità – nella migliore delle ipotesi avrebbe risposto con il più serafico dei ma che stai a dì, figlio della diffidenza verso Garcia e dell’amarezza per le due ultime deludenti stagioni, culminate con la beffa perpetrata dalla Lazio nella finale di Coppa Italia. E invece il club capitolino ha dato una spallata dirompente al campionato, centrando anche l’ottava meraviglia. Esame Napoli superato brillantemente e in maniera forse ancor più sintomatica, avuto riguardo alla diagnosi che porta a delineare una grande squadra. Contro i partenopei, infatti, venerdì sera la capolista ha sì sciorinato meno calcio champagne del solito, ma ha portato a casa i tre punti dimostrando di saper (anche) soffrire e volgendo a proprio favore l’inerzia della partita grazie agli episodi tramutati in gioie da Miralem Pjanic, in perfetta linea con le stigmate che preannunciano una stagione vincente o comunque da vivere perennemente ad alta quota. Poi, si sa, per il futuro vanno considerate tutte le variabili, infortuni e tenuta fisica in primis, ma – ad oggi – le nostre sensazioni agostane trovano continui riscontri.
La battistrada si alza quindi sui pedali, trovando nella Fiorentina l’ideale alleato per concretizzare la fuga: non solo la banda Benitez, anche la Juventus scivola infatti già a meno 5 dopo l’incredibile black-out dell’Artemio Franchi. Diciannove anni dopo, la Viola serve la sua vendetta, piatto freddissimo, quasi glaciale per Antonio Conte, che quel pomeriggio del 1994 sedeva ugualmente in panchina – anche se da giocatore – quando i bianconeri coronavano la fantastica rimonta, sempre dallo 0-2, con il gol da antologia di Del Piero che stagliò definitivamente nel firmamento la stella di Alex. Già nelle scorse settimane ci si era soffermati sulle amnesie della retroguardia, stavolta però l’accento va posto anche su Gigi Buffon, sperando di evitare l’incriminazione per lesa maestà. A parere di chi scrive, spesso in passato il portierone azzurro era stato oggetto di critiche frettolose da parte di chi lo vedeva già trascinarsi sul viale del tramonto. Prima si trattava di episodi, passaggi a vuoto sporadici che non mettevano in discussione la leadership del numero uno, sempre in grado di conferire sicurezza e solidità all’intero reparto arretrato. Adesso però a Torino rivedono i fantasmi di Van Der Sar, gli errori stanno diventando una costante e neanche un Padelli qualunque dovrebbe prendere gol come quello del momentaneo 2-2, psicologicamente decisivo, senza voler nulla togliere allo straordinario Pepito Rossi versione Mundial (che il Cielo lo conservi integro per il Brasile). Ad ogni modo, al momento è difficile ipotizzare una Juve senza Buffon tra i pali, per le ovvie ripercussioni che l’eventuale accantonamento di Gigi potrebbe comportare, fermo restando che Marco Storari, un portiere che farebbe il titolare praticamente ovunque, ha la massima fiducia del mister salentino.
Chiusa la lunga parentesi dedicata ai due incontri di cartello che hanno posizionato il primo importante spartiacque stagionale, passiamo velocemente in rassegna le altre avvincenti sfide di questa ottava giornata di serie A, un turno decisamente scoppiettante alla luce delle ben 35 reti complessivamente realizzate. Procedendo in onor di classifica, al quarto posto troviamo lo splendido Verona, sempre più rivelazione d’annata grazie al perfetto mix tra giovani rampanti ed elementi navigati, ma vogliosi, assemblato dall’ottimo ds Sean Sogliano. Con il successo maturato al “Bentegodi” contro il Parma, gli scaligeri salgono a quota 16 scavalcando l’Inter, costretta in extremis al pari da un coriaceo Torino che non è comunque riuscito a sfruttare la superiorità numerica vantata praticamente per tutta la gara. Il rocambolesco 3-3 finale rispecchia l’andamento di un match che non si è fatto mancare nulla: dal rosso ad Handanovic alle prodezze di Guarin e Immobile, passando per papere varie e rigore sbagliato da Cerci.
Torna a vincere, invece, l’incerottato Milan, che supera l’Udinese a San Siro grazie ad un nuovo mancino da tre punti di Valter Birsa. Rispetto all’exploit contro la Samp, il trequartista sloveno ha semplicemente alzato il tiro mirando alle ragnatele sotto l’incrocio, per il resto stessa zolla, stessa porta e stesso angolo. Sorrisi tra le mura amiche anche per l’Atalanta, che con Cigarini e Denis vanifica il momentaneo pareggio siglato dal neo laziale Perea. La società di Lotito ha smentito ufficialmente le dimissioni di Petkovic, ma la situazione resta da monitorare. Chi invece una panchina non ce l’ha più è Rolando Maran, defenestrato dopo la sconfitta di Cagliari dal presidente Pulvirenti, che ha chiamato Luigi De Canio al capezzale del Catania.
Al di là del fatto che gli etnei, tutto sommato, avevano tenuto bene il campo anche in inferiorità numerica, l’improvvisazione raramente nel calcio porta a qualcosa di buono. Difficilmente Gasparin e, men che meno, Lo Monaco avrebbero sostituito Lodi e il Papu Gomez con Tachtsidis e Leto…a buon intenditor, poche parole. Proseguendo con la zona calda, vanno rimarcate le importantissime vittorie conseguite da Genoa, Sampdoria e Sassuolo ai danni, rispettivamente, di Chievo, Livorno e Bologna. Tre scontri diretti i cui esiti potrebbero anche comportare strascichi a stretto giro di posta.
Frattanto, in testa, per le favorite della vigilia risuona forte l’allarme (giallo)rosso, ma il buon Rudi proverà ancora a fare il pompiere. Nella Capitale, però, il fuoco della passione ha già raggiunto i livelli di guardia. (JODY COLLETTI)