BLING RING E IL VUOTO COSMICO DELLA COPPOLA

Nella mia vita cinematografica raramente ho trovato un film talmente insopportabile da farmi decidere di interrompere la visione prima della fine (cosa che tendenzialmente considero un peccato mortale); ogni volta che compio un gesto del genere, vengo poi assalito dai sensi di colpa. Solo una volta mi è capitato invece di interrompere la visione di un film e sentirmi bene, proprio perchè convinto che fosse l’unica cosa giusta da fare: quella volta in cui vidi Maria Antonietta di Sofia Coppola. Da allora considero questa pseudo regista una specie di nemesi; nonostante tutto ciò, ho cercato di approcciarmi al suo ultimo film cercando di essere il più distaccato possibile, senza pregiudizi e pensando che lo spunto iniziale non fosse tanto male, che Sofia avrebbe potuto tirar fuori qualcosa di vagamente interessante.

Tutto questo mio training psicologico ha iniziato a vacillare a circa 30 secondi dall’inizio del film, quando sullo schermo sono apparse le seguenti parole :”tratto da un articolo di Vanity Fair“; no dai, mi dicevo, è un modo originale per dire tratto da una storia vera e allo stesso tempo  farci capire che per i ggiovani di oggi l’immagine è tutto, che la loro scala di valori è tristemente vuota di contenuti.

Stronzate.
Ad essere vuoto di contenuti è questo film, di una banalità sconcertante, pieno zeppo di stereotipi, girato pure male a dirla tutta (eccetto qualche, raro, momento che contribuisce però ad aumentare il livello di incazzatura) dove il momento di maggiore drammaticità è il primo piano di un profilo facebook chiuso.
Il problema principale è che quando hai la pretesa di mettere in scena una storia in cui racconti quanto vuota sia la società di oggi, basata su come appari e non su come sei, questo vuoto deve essere riempito di qualcosa, altrimenti non trasmetti nulla; per essere chiari: Sorrentino ha raccontato la stessa cosa nel suo ultimo La Grande Bellezza ed ha riempito la sua storia di “estetica” (peccato originale del film), Michael Bay ha raccontato la stessa cosa nel suo Pain and Gain e l’ha riempita di eccesso (cosa che l’ha reso un filmone), Sofia Coppola invece che fa? Riempie questo vuoto con scarpe, borse e rallenty.
Insomma, il film si trascina dall’inizio alla fine mostrandoci quanta bella roba possiedono i VIP di Hollywood e quanto vivono male questi adolescenti, tra discoteche e qualche sniffatina qua e là. Senza un conflitto, senza un’evoluzione, senza un minimo di scrittura.
Unica nota positiva del film è Emma Watson, ormai definitivamente sdoganata dall’Hermione di Harry Potter, è l’unica a riuscire a dare un minimo di interesse al suo personaggio, cosa che invece non riesce affatto agli altri suoi giovani colleghi (Katie Chang, Israel Broussard, Taissa Farmiga).
E per concludere, dovrebbero mettere una legge che vieti l’uso dei rallenty a certa gente.
(Voto: vuoto/10)

 

(U.P.)

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