All’interno dei tre giorni di festa Cgil nei locali dell’ex Fiera, abbiamo incontrato Mario Vavassori, co-autore con Walter Passerini, del libro-inchiesta Senza soldi – sottopagati, disoccupati, precari, ma paperoni e furbetti se la godono (ed. Chiarelettere). L’appuntamento moderato da Giuseppe Lavella, con la presenza di Giusy Squillacioti, responsabile provinciale Cgil Messina, ha intavolato la questione economica italiana a partire dal lavorio di dieci anni di raccolta dati che hanno mostrato l’incredibile erosione del valore di circa quindici milioni di buste paga. “Abbiamo cercato – dichiara Vavassori – di sfatare un tabù, dal momento che si è spesso timorosi nel raccontare la propria storia, ma soprattutto nel far vedere quanto si guadagna. Nei paesi anglosassoni, invece, gli stipendi sono pubblici e tutto è trasparente”.
Attraverso una lunga analisi longitudinale, è emersa una vera e propria storia economica: fino al 2003, a causa probabilmente del cambiamento dell’Europa e per effetto dell’aumento dell’inflazione, si è registrato un leggero decremento generale. Una piccola discesa che si muta, però, in ripresa che conduce all’assestamento dal 2004 al 2006, fino al salasso completo dal 2007 ad oggi. All’interno del testo, infatti, emergono moltissimi dati ed esempi, tra cui i confronti di reddito medio annuo con la Germania, la cui tassazione è sì più alta, ma garante di servizi migliori rispetto al sistema italiano. “Operai e dirigenti italiani – continua Vavassori – hanno perso circa l’8% del potere d’acquisto, un’erosione tale che continua inesorabilmente”.
Chi sono oggi i nuovi lavoratori? Sono i cosiddetti Working poors, coloro che pur avendo un lavoro, non riescono comunque a mantenere lo stesso stato di vita di prima. Le cause di un tale collasso sono descritte da Vavassori in tre mosse: dipendenti che non possono sfuggire al fisco, scarsa produttività, perndendo la gara internazionale e scissione tra produzione di ricchezza e lavoro, ovvero rottura culturale che ha minato il modo di pensare nella società.
Ma nella guerra tra poveri, c’è comunque chi vince sempre la partita. Per i due autori di Senza soldi, ad indossare la corona sono sempre i grandi manager aziendali, che grazie a bonus incredibili, ogni anno incassano somme di denaro inimmaginabili. Chi, invece, indietreggia? Senza dubbio i giovani, ruota di scorta di un carro già malandato, a cui le aziende affidano sempre meno fiducia, soprattutto ai neolaureati: “Il problema è demografico: nel 1951 i giovani coprivano il 17% della popolazione italiana totale, oggi sono il 10% contro gli anziani al 28%”.
Giusy Squillacioti, apprezzando la facile lettura del libro, nonostante il taglio tecnico, ha sottolineato come la percezione di un mondo del lavoro in declino sia una terribile verità, ragion per cui è necessario “passare dalle politiche del fare a obiettivi che creino regole precise affinché non possa venire meno la possibilità di crescita”.
Se da una parte i dati mostrati da Vavassori e Passerini non fanno ben sperare, dall’altro i due credono che si possa cambiare rotta attraverso tre interessanti proposte che riguardando proprio le buste paga, dividendole in professionali, legate alla competenza, straordinarie, con una tassazione normale, e variabili, con una tassazione fissa a tutti livelli, che possa permettere una partecipazione diretta del lavoratore nell’azienda.
Prendendo come modello la Piramide di Maslow, Vavassori ha concluso l’incontro con un importante messaggio: “Dal 1972 abbiamo aggiunto sempre più elementi giuridici al lavoro. Ora, il lavoro deve tornare ad assumere ricchezza e lo dobbiamo favorire perché siamo capaci di fare!”.(CLARISSA COMUNALE)