In una riedizione di Pungitopo, compare una parte dell’intenso viaggio del grande scrittore Alexandre Dumas in Sicilia: Messina la nobile e Taormina (la cui introduzione è di Valeria Gianolio), che rappresenta quella visione contemplativa non solo dei paesaggi, ma anche delle consuetudini e delle contraddizioni di una terra abbracciata dal mare, con alle spalle i monti peloritani e davanti a sé le terre calabre.
Nella presentazione del volume, avvenuta presso il Monte di Pietà, sono emerse le bellezze, le asperità e i misteri della nostra Messina, che un tempo era meta di grandi artisti, pensatori e letterati. In quello che, come ha ricordato la prof.ssa Caterina Resta, è il carattere formativo (Bildung direbbero i tedeschi) della tradizione del grand tour, si coglie proprio quell’esigenza di andare nei luoghi dell’origine della cultura europea, i luoghi del Mediterraneo. «Già Goethe – sottolinea la Resta – si rende conto, nel suo viaggio a Messina, poco tempo dopo il disastroso terremoto del 1784, che resta qualcosa di enigmatico, di più originario, che rimanda a simboli, leggende, miti archetipici». Riportando le parole di Bufalino: «viaggiare s’apparenta alle due più esclusive ed esaltanti esperienze dell’uomo: amare e creare» (La luce e il lutto, Sellerio, p. 60), la Resta rintraccia nei racconti di Dumas l’avventura amorosa, il gusto per il cibo, le notti illuminate dalla luna e dalle battute di caccia al pesce spada. In particolare, attraverso tre scenari, la prof.ssa ci offre tre essenziali chiavi di lettura del testo. In primo luogo la «regalità maestosa» di Messina, che però, mostra ancora delle ferite non del tutto rimarginate. Questa bellezza è dimostrata, infatti, dalle passeggiate lungo la marina o dalla descrizione della Palizzata, ormai ricostruita dopo il terremoto. Il secondo colpo d’occhio punta, invece, allo scirocco, a cui è dedicata una narrazione accattivante e ironica. Dumas mostra come sotto l’effetto dello scirocco la città sembri improvvisamente affetta da un morbo diffuso che la mostra silenziosa e immobile. Infine, ultimo sguardo si rivolge al pesce spada, alla cui caccia lo stesso scrittore ha voluto partecipare, apprezzandone oltre il gusto, anche la cucina.
Il prof. Giuseppe Campione ha sottolineato l’importanza del mare messinese, come unione tra le terre. «Messina è città interrotta, è come se avesse compiuto una sorta di annichilimento di se stessa. Noi siamo spettatori di una città di mezzo. Se oggi ritornasse qui Dumas non potrebbe godere di quelle passeggiate che ha descritto, perché si troverebbe tra le linee del tram».
Proprio su un’attenzione al presente, ma soprattutto al futuro, si è concentrato l’intervento del giornalista Vincenzo Bonaventura. «Messina è l’unica città che bombarda se stessa. Sembra che i sintomi dello scirocco descritti da Dumas si siano diluiti per tutto l’anno». E sui recenti avvenimenti politici ha dichiarato: «bisogna creare una Messina da ricostruire. La natura che la compone, così inquietante, è anche così viva che ci può guidare e non condannare. Rifondiamo il territorio!». (CLARISSA COMUNALE)