A parere di chi scrive gli sport, in particolare calcio e ciclismo -di squadra il primo, individuale il secondo- possono sempre fungere da metafora della vita, anche di quella politica. Ragion per cui, analizzando queste frenetiche settimane che, a dispetto di ogni previsione, hanno portato Renato Accorinti sullo scranno più alto di Palazzo Zanca, diversi snodi cruciali possono anche essere interpretati in quest’ottica. Iniziamo dal 7 giugno scorso, location Piazza Municipio (rectius Piazza Unione Europea): “We are the champions – We are the champions – No time for losers – Cause we are the champions”, su queste note si chiudeva la campagna elettorale di Felice Calabrò in vista del primo turno delle amministrative 2013. Musicalmente parlando, scelta ineccepibile: qualsiasi ulteriore aggettivo affibbiato all’immortale opera d’arte, un Freddie Mercury del ’77, risulterebbe assai banale. Ma dal punto di vista scaramantico beh, l’entourage del candidato sindaco del centro-sinistra non avrebbe potuto optare per un boomerang peggiore. L’utilizzo della colonna sonora dei massimi trionfi, filodiffusa a urne ancora vergini, era difatti apparsa a più di un astante una mossa un tantino azzardata. Roba da Tapiro d’oro, se non di platino e diamanti.
Eppure, caspita, lo staff dell’avvocato quarantenne ci aveva quasi preso. Già alle 15.01 di lunedì 10 giugno Calabrò infatti va in fuga, i primissimi numeri snocciolati dalle sezioni non lasciano adito a dubbi: l’uomo da battere é lui, gli altri si giocano il secondo posto, quindi il ballottaggio. Forse. Perché con il passare delle ore il vantaggio aumenta ancora, dal 38% si passa al 42-43% e poi si arriva a sfiorare il 50%. Dietro gli avversari arrancano, ma a tirare il gruppo degli inseguitori a sorpresa non c’è l’on. Garofalo, bensì il barbuto pacifista che, dopo anni di battaglie sul territorio, aveva finalmente deciso di imbracciare la bici per correre contro tutto e tutti, anche contro la diffidenza iniziale dei messinesi, che lo avevano sempre visto essenzialmente come capopopolo da protesta, in felpa o maglietta. Già, perché quando ci si cimenta nell’agone della politica, solitamente viene richiesta una mise più istituzionale, basti pensare al primo Vendola in camicia fiorata, presto riposta nell’armadio in favore del doppiopetto d’ordinanza. Ma torniamo alla gara, passano le ore e in via I settembre cresce l’ottimismo: le liste della coalizione sbaragliano la concorrenza, maggioranza bulgara in consiglio, Calabrò potrebbe imporsi al primo turno, arrivano dati e controdati. Ce la fa, non ce la fa, cerrrrrrrto che ce la fa (cit. Ezio Greggio): il buon Crocetta lo incorona anzitempo primo cittadino, parlando inopinatamente di Regione adesso “amica” della città di Messina. Si inizia a vociferare di errori in sede di spoglio, col famoso trascinamento applicato contra legem, ma si va a dormire dopo aver allertato il grande Paolo Villaggio, della serie “urge un copione fantozziano per i giorni seguenti, per favore rispolveri penna e calamaio”. Detto fatto, l’attore genovese (nel senso che é di Genova, nessun riferimento al celeberrimo leader del PD locale, padrino di Calabrò) si presta volentieri e così si apre il gran ballo del famigerato riconteggio: per soli 59 voti si va al secondo turno, onore al merito di Calabrò, che, forte del suo 49,93%, vince la tappa ma non la corsa e decide di non ricorrere, preferendo cimentarsi nel testa a testa con il doppiato Accorinti, fermatosi a quota 24,02%. Va però rimarcato il trend decisamente opposto: il primo prende circa il 15% in meno dei voti confluiti sulle varie liste di centro sinistra, mentre l’insegnante di educazione fisica -grazie al voto disgiunto- viene investito da una marea di consensi, il 16% in più rispetto a quanto raggranellato dall’unica lista civica a suo supporto. Tornano mestamente a casa i due candidati di centro-destra, Garofalo e Scoglio, e gli altri “coagulatori di malcontento” della vigilia, Tinaglia e la Saija, che col senno di poi (ma anche con quello di prima) avrebbero fatto meglio ad ascoltare chi gli suggeriva di abbandonare le velleità di sindacatura per sostenere -alla guida di Reset e Movimento 5 stelle– proprio Renato Accorinti. Urne impietose anche con le loro liste, lontanissime dal fatidico 5%, necessario per staccare il pass per il Consiglio. A voler essere più precisi, neppure sommando i rispettivi voti avrebbero raggiunto la fatidica percentuale: temerari doc.
A questo punto cambiamo sport e allacciamo le scarpette chiodate. Qualcuno dice che per il ballottaggio si riparte dallo 0-0, altri sostengono che a mister No Ponte serva una vera e propria impresa, paragonando il 49,93% dell’ottimo Calabrò ad una sorta di 4-0 da ribaltare a un quarto d’ora dal 90′. Meri esercizi retorici, perché il miracolo si avvera nel pomeriggio di oggi, 24 giugno: Davide batte Golia. Il pacifista 59enne emula il Verona di Bagnoli, che vinse lo scudetto nel 1985 o, avvicinandoci maggiormente ai giorni nostri, il più blasonato Liverpool, capace nel 2005 di ribaltare lo 0-3 a favore del Milan per poi sollevare, dopo supplementari e rigori, la Champions League al cielo di Istanbul. Per quanto non sia definibile come giovane (di certo nell’animo) turco, in quanto non organico ai partiti, il nuovo primo cittadino ce lo immaginiamo così, mentre metaforicamente solleva -tra il Nettuno e la Madonnina- la Coppa dei Campioni. Una coppa che scotta, come la patata bollente che adesso si ritrova tra le mani, un trofeo consegnatogli da una Messina sorprendente, ridestatasi dal torpore al di là di ogni ideologia. Perché, diciamocelo chiaramente, in questo caso i numeri sono un’opinione: il Prof non ha mai negato la sua estrazione di sinistra, ma non si pensi che una città come la nostra abbia deciso ad un tratto di intonare all’unisono “Bandiera Rossa”. Al contrario, Renato é stato capace di intercettare consensi trasversali, dalla finta bionda ingioiellata allo sparuto “figlio dei fiori” fuori dal tempo, dal libero professionista (o professionista libero) a massaie, ragazzi e pensionati, senza distinzione di sesso, colori e ceto sociale. Un 53% circa che, stanco, apponendo una X sulla scheda elettorale ha deciso di dire no, di voltare le spalle non a Calabrò, ma ad un sistema consolidato balzato recentemente ai disonori della cronaca nazionale. E di premiare con la fascia tricolore chi ha dimostrato, negli anni, di amare Messina. Adesso la palla passa alla Giunta, che dovrà scontare al più presto il noviziato, e soprattutto, al Consiglio Comunale. A bocce ferme, Accorinti può infatti contare soltanto su 4 consiglieri su 40, agli altri 36 il compito di supportarlo o comunque di non ostacolarlo a prescindere in aderenza a logiche partitiche precostituite. Nell’era 2.0 le notizie corrono e l’operato di tutti, sindaco, assessori e inquilini del civico consesso, verrà monitorato -quasi col fucile puntato- da una schiera di persone, espressione di organi di stampa ma anche liberi cittadini, sempre più interessate alle sorti di una città bellissima, la Nostra. Il tempo delle ideologie é finito da un pezzo, in gioco c’è il nostro futuro. La marea che in questi minuti sta entusiasticamente prendendo d’assalto Palazzo Zanca lo urla a gran voce: dal basso, da sinistra, da destra, dall’alto, dappertutto: AVANTI, MESSINA !(JODY COLLETTI)