NUVOLE E PIETRE: LA “MESSINESITUDINE” DI GIUSEPPE LOTETA

In una raccolta che copre un cinquantennio, tra l’effimero e il concreto, in un costante ossimoro, Giuseppe Loteta ha presentato un volume di poesie dal titolo Nuvole e Pietre (ed. Pungitopo), ieri a Palazzo Zanca. A moderare l’evento la prof.ssa Paola Pompejano, che ha sottolineato come nell’autore ci sia «la capacità di giocare con la memoria, con sapori, profumi di quei luoghi che Peppino ha tanto amato: prima di tutto Messina e Stromboli». Ad intrecciarsi ai temi più introspettivi, quelli, invece, di impronta storica e civile, come gli episodi della primavera araba, o della piazza di Tien An Men, specchio della passione per l’impegno giornalistico.

Nuvole e pietre consta di tre sezioni: Miscellanea, tetralogia stromboliana e la città, parte dedicata a Messina. All’interno della prima porzione, troviamo anche riferimenti a grandi personaggi come Leonardo Sciascia, Luigi Ghersi, Marco Pannella, alternati a ritagli intimi e personali di una vita quotidiana e terrestre.

Tra i relatori, il prof. Cosimo Cucinotta, italianista, ha contrapposto la tesi della preminenza mnemonica con la violenza passionale della scrittura dell’autore, che si trova in perfetta continuità con le precedenti opere in prosa: «La sua poesia volge all’alba, è sempre un viaggio aperto, sembra che tutto debba ancora divenire. Sono molti i segnali che ci fanno capire che l’autore padroneggia la tecnica poetica e che sia un assiduo lettore di liriche, tanto che il testo è pieno di citazioni criptate, che rimandano a grandi autori, come ad esempio Quasimodo. In Loteta non c’è alcun sentimento nostalgico, né un autobiografismo malato, ma vitale e vissuto».

Lo scrittore Vanni Ronsisvalle, invece, ha tratteggiato un quadro chiaro e personale dell’autore, che ha definito «passionale, riflessivo, indignato, tre aggettivi che rappresentano ogni stagione di Peppino. La sua malinconia con l’allegria si riflette in una poesia senza effetti speciali, lontana da classicismi e sperimentalismi». Estremamente commosso, Ronsisvalle affianca alla poesia delle piccole cose dell’autore, l’appassionato impegno civile, che lo ha sempre portato a vedere la sua Messina con occhi obiettivi e sinceri.

Loteta, tuttavia, non si definisce poeta: «I veri poeti sono altri: Alda Merini, Quasimodo, io sono un giornalista che tenta di ispirare riflessioni ed emozioni, e a quanto pare ci sono proprio riuscito». In questo cinquantennio di vita vissuta, infatti, l’autore ha valuto esprimere un giudizio in particolare sulla città peloritana, che a partire dalla fine degli anni ’50 ha trovato cambiata. In una parabola che parte da lontano fino ad oggi, Loteta ha dichiarato che: «se da un lato Messina era la città delle librerie e della cultura, all’improvviso questa realtà si capovolge. Chi oggi è arrivato al ballottaggio, Renato Accorinti, esprime invece, al di là di come sarà il risultato finale, la voglia per i messinesi di cambiamento, indice di una fase che fa ben sperare».

Chiudiamo, quindi, questo tratteggio di Nuvole e pietre proprio con la penna di Loteta, che nella poesia Messina anni 2000 scrive: «Dina e Clarenza, amiche mie, dormite./ Legate le campane stamattina./ Sono morti Alaimo da Lentini,/ Antonello, Lo Sardo e La Farina./ Messina è morta. Squallidi dormitori/ coprono il verde delle sue colline./ Regnano i ladri e gli speculatori,/ ma non bastano più pietre e calcina./ Dimenticate quei lontani Vespri,/ Dina e Clarenza. Non ci son nemici./ Gli angioini sono diventati adesso rispettabili amici degli amici./ Sorelline, suvvia, datevi pace./ Non ci assordate più con quei rintocchi./ Gli antichi privilegi di Messina/ son ora privilegi di corrotti./ È inutile. Davvero non capite?/ Riponete in soffitta quel martello./ Son tanti gli abitanti di Messina,/ ma nessuno risponde al vostro appello».

Giuseppe Loteta, siciliano di Messina, vive a Roma dal 1959. È laureato in giurisprudenza, giornalista professionista dal 1962. È stato caposervizio interni e inviato del settimanale “L’Astrolabio”, fondato da Ernesto Rossi e diretto da Ferruccio Parri. Poi condirettore di “Aut”, vicedirettore del “Diario di Venezia”. Fino al 1994, inviato e commentatore politicco de “Il Messaggero”. Collabora a diversi quotidiani e periodici. Nel 1990 ha pubblicato con le Nuove edizione del Gallo Cuore da battaglia – Pacciardi racconta a Loteta, un libro-intervista con il vecchio leader repubblicano. Nel 1998, il suo secondo libro: Fratello, mio valoroso compagno… – Dall’Italia alla Spagna, la vita avventurosa di Fernando De Rosa, socialista libertario, edito da Marsilio, Nel 2008 ha pubblicato il primo romanzo, Messina 1908 (Pungitopo), e nel 2011, con la stessa casa editrice, Romanzo messinese. (CLARISSA COMUNALE)

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