Oggi, 11 giugno, è lutto cittadino nella città di Barcellona P.G. Tutto si è fermato dalla mezzanotte scorsa, da quando cioè il feretro del trentunenne morto a Farah, località “calda” dell’Afganistan , ha fatto ingresso nella propria città natale, scortato da colleghi e familiari.
Prima di raggiungere Palazzo Longano, dove per tutta la mattinata dalle 8:30 sino al primo pomeriggio odierno sarà predisposta la camera ardente cittadina, la famiglia ha ottenuto che il quartiere Sant’Antonino, in particolare, potesse salutare il ragazzo che ha cresciuto con affetto ed amato per tanti anni.
Chi lo ha conosciuto, militare o civile che sia, dipinge infatti uno stesso ritratto di Giuseppe: una persona solare che si impegnava, anche negli studi, per un mondo migliore.
Proprio con questa intenzione aveva conseguito due lauree, cercando la realizzazione del più difficile dei paradossi: una guerra che non mieta vittime civili.
Dopo un primo titolo in Scienze strategiche presso la Scuola di Applicazione ed Istituto di studi militari dell’Esercito di Torino, il giovane capitano lo scorso 18 marzo aveva raggiunto un altro importante obiettivo che rende ancora più chiara la sua inclinazione alla difesa dei più deboli: una laurea in Scienze Politiche con tesi sulle “Regole di ingaggio e dei danni collaterali ai civili nell’ambito di operazioni di stabilizzazione della Nato” presso l’Ateneo di Bari.
Difendere i civili dagli effetti collaterali della guerra: questo era quanto desiderava il nostro militare morto sacrificandosi, in ultima istanza, per i compagni dei quali si riteneva non soltanto responsabile ma anche amico.
Ieri pomeriggio la chiesa di Santa Maria degli Angeli non poteva essere più gremita in una Roma eccezionalmente quasi disattenta alla politica: molti hanno ascoltato la messa di addio e molti di più sono stati coloro che sono entrati a salutare un ragazzo morto per portare veramente pace nel mondo. Almeno questa è l’impressione che mi ha dato il vedere piccoli e silenziosi gruppetti di donne musulmane, come anche un ebreo con la Kippah, in fondo alla chiesa, un po’ a disagio ma realmente partecipi al dolore di amici e conoscenti.
Simili fugaci apparizioni sono il segno di quanto davvero l’amore dimostrato da Giuseppe al mondo vada molto oltre quella che è stata la sua stessa appartenenza nazionale e religiosa. Qualcosa che dovrebbe far riflettere quei tanti che ancora confondono religione e strategie politiche cercando nell’altro credo un nemico che, invece, proprio quel ragazzone di trentun anni non vedeva.
I suoi reali nemici sono stati i Talebani e tutti coloro che, anche con altri nomi, hanno usato (ed usano ancora) la religione come strumento di propaganda ai fini della soddisfazione di una più che terrena brama di potere politico e militare indiscusso. Molti sono coloro che si fanno fuorviare e mandare armati contro i nostri militari, ma tanti altri – e questo il capitano La Rosa lo sapeva – sono gli Afgani che non si fanno trascinare, diventando a propria volta vittime delle ritorsioni di certi finti profeti.
Lo ha ribadito, in una toccante omelia, l’Arcivescovo militare Vincenzo Pelvi, parlando direttamente al ragazzo ”determinato e generoso, motivato e sensibile, attento ai più deboli e bisognosi, fiero e orgoglioso della propria professione ” del quale celebrava l’ultimo saluto: “Caro Giuseppe – ha detto infatti – l’Italia tutta, e chi ti ha voluto bene e continuerà il tuo impegno umanitario, ti dice grazie per aver reso noi più capaci di sperare nell’unità della famiglia umana”. E, rivolto ai genitori Concetta e Biagio, Pelvi ha aggiunto: ”Non dimenticate che il dono della vita di Giuseppe resta un evento incancellabile nella storia della Pace”.
Giuseppe aveva un sorriso per tutti, ambendo a farsi ricambiare anche dai bambini scioccati da una guerra per lui tanto assurda.
Forse proprio per questo i leader Talebani hanno diffuso la notizia che era stato un bambino di undici anni
l’attentatore: quale sfregio ed attacco più forte agli amici di un capitano amato proprio dai bambini e dai più deboli? Invece l’attentatore che si vede in un video in possesso delle corti militari mostra un adulto, un fanatico appartenente a quello che è realmente un esercito del terrore che nulla ha a che fare col resto della popolazione che la forza militare italiana è chiamata a difendere.
Le spontanee presenze interreligiose di ieri, in chiesa, avrebbero toccato il cuore di Giuseppe perché sono una delle conferme più forti alla giustezza dei suoi principi e delle sue azioni in questa vita.
Si è trattato quindi di un inatteso saluto interconfessionale dove il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e gli altri importanti ministri non sono stati, alla fine, gli attori più importanti.
La famiglia di Giuseppe ed i suoi amici hanno potuto sentire, più che altro, in un momento di forte smarrimento, la vicinanza dei tanti italiani (e non) presenti dentro come fuori la chiesa o soltanto col cuore e la mente.
Oggi pomeriggio, alle 16:00, Mons. La Piana celebrerà nella Basilica Minore di San Sebastiano di Barcellona i funerali privati per quello che, a detta di tutti, è stato l’unico eroe di Farah lo scorso tristissimo 8 giugno.
Saluti anche da noi di Messinaora Giuseppe. (CARMEN MERLINO)