Quando il 30 dicembre scorso le fiamme cancellarono parte dell’archivio della ex Sanderson, uno stabilimento considerato patrimonio per la storia dell’industria, cominciò a farsi concreta l’ipotesi che il rischio di “vincolare” l’area contro le speculazioni edilizie cominciasse a fare paura.
Dopo quasi 5 mesi un nuovo rogo potrebbe decretare la fine di un progetto di rinascita dell’area che, privata delle sue memorie ridotte in cenere, cancellando i resti di un passato identitario che la collocava come luogo da riqualificare, ora è ancora più esposta ad una speculazione edilizia.
Una riflessione opportuna, visto che non ci sono dubbi sulla natura dolosa delle fiamme che dalle 17,30 di ieri a tarda sera, hanno devastato in maniera ancora più definitiva, la struttura dello stabilimento di Tremestieri.
L’incendio è stato appiccato ai rifiuti che in questi mesi hanno continuato a ricoprire le vicinanze del capannone. E’ la solita immondizia che si autogiustifica, che si interpreta come il “degrado” di cui tutti, e quindi nessuno, si fa responsabile. Le fiamme hanno provocato crolli, il fumo nero e tossico sprigionato dal capannone ha messo in allarme la popolazione, tanto da richiedere l’intervento di un’unità operativa del Nucleo Nucleare batteriologico chimico radiologico del 115.
Questo secondo incendio, ancora più feroce, ancora più devastante, da la netta sensazione di una frettolosa volontà di velocizzare le ipotesi speculative, ovviamente con l’assoluta giustificazione di salvare la città da quella che è ormai considerata una “bomba ecologica”.
Eppure non si tratta di avere idee di riqualificazione, oggi sulla bocca di politici grandi, piccoli e piccolissimi. Poi bisogna sempre fare i conti con “chi deve fare cosa”. Mentre c’è ancora chi confida nella magistratura, che già lo scorso novembre ha aperto un fascicolo sullo scempio compiuto nell’area della ex Sanderson, indagando anche su chi gestisce il servizio di guardiania all’interno dell’area.
Ma ridurre al “gesto dei soliti ignoti” un incendio così terribile, un rogo che cancella definitivamente la possibilità di restituire un luogo della storia industriale di questa città alla memoria collettiva, sarebbe consentire anche che venga incenerita l’intelligenza di molti, di tutti quelli che in questi anni hanno cercato di salvare questo spazio (pur non riuscendovi) dalla prossima speculazione edilizia. (PAL.MA.)