Due donne in nave, sperdute e naufraghe nell’oceano della solitudine: una rincorre l’uomo amato, l’altra lo rifugge come una bestia ferita. A ricollegarle con l’oggetto dolorosamente amato un telefono dal lungo filo rosso. Un lungo e purpureo cordone ombelicale che riallaccia al mondo crudele e spaventoso.
Questo il presupposto su cui Veronica Giacchi e Ilenia Sidoti, allieve del corso teatrale dell’associazione culturale Far Far Away, sotto la guida di Rosalia Radosti, insegnante e regista dello spettacolo, hanno dovuto affrontare con il difficile, poetico, viscerale testo de La Voce umana di Jean Cocteau, portando in scena uno spettacolo vivo e vissuto secondo una lettura del tutto originale: La Voce. Un attento lavoro e di studio sul testo e sui personaggi per rispondere alla semplice, eppure annosa, domanda: si può vivere senza amore? Si può morire in solitudine?
Jean Maurice Eugène Clément Cocteau (Maisons-Laffitte, 5 luglio 1889 – Milly-la-Forêt, 11 ottobre 1963) è stato, nel panorama francese ed internazionale, un artista di fama e di straordinaria poliedricità: egli infatti spaziò dal disegno alla regia, dalla drammaturgia alla saggistica, fino ad approdare alla sceneggiatura, scrittura, recitazione e poesia, forma artistica quest’ultima particolarmente amata da Cocteau, tanto che, fra tutti i ruoli artistici da lui vestiti, quella di poeta era l’unica in cui preferiva identificarsi. Marcel Proust, in una lettera indirizzata proprio a Cocteau, gli scrive: « Crepo di gelosia nel vedere come nei suoi straordinari pezzi su Parigi lei sappia evocare delle cose che io ho sentito e che son riuscito ad esprimere solo in modo assai pallido. ».
Lo spettacolo andrà in scena alla Sala Laudamo, Sabato 1 giugno, alle ore 21:00.
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