Il trenta gennaio 324 collaboratori della Aicon Yacht Spa hanno terminato il periodo di cassa integrazione, sono stati licenziati e messi in mobilità. Da mercoledì è stato stabilito il presidio permanente davanti ai cancelli di Palazzo dei Leoni. Ancora una volta la richiesta dei lavoratori è l’incontro con la politica al fine di rintracciare soluzioni ragionevoli.
Lo stato di allerta generale che investe il mercato del lavoro non risparmia neanche i dipendenti dell’Aicon Yacht Spa di Giammoro che ormai da tempo manifestano il loro disagio. I giudici del Tribunale di Barcellona, presidente Michele Galluccio, giudice delegato Assunta Cardamone e componente Danilo Maffa, avevano dichiarato il fallimento della Aicon già nell’ottobre 2012, a fronte di parecchi debiti contratti dall’azienda e di un numero di 332 dipendenti messi in cassa integrazione da oltre un anno.
Per un’azienda che era quotata in borsa e che contava maestranze altamente qualificate i dubbi restano: “è il caso di buttare una professionalità così?”. È la domanda che ci pone Vincenzo Capomolla, sindacalista di USB- Unione Sindacale di Base e portavoce di tali istanze. I lavoratori chiedono ormai da tempo un incontro con il Presidente della Regione Rosario Crocetta che pareva averlo concesso nel periodo preelettorale. Ma gli impegni presi sono stati disattesi e la mancata risposta della politica, unitamente alla difficoltà di soggetti che temono il pignoramento della casa, ha fatto scattare la protesta mediante il presidio permanente che si protrarrà sino alle ore 19 del 21 aprile. Per il diritto al lavoro e al futuro, così scrivono i lavoratori: “Noi 324 Lavoratori Aicon Yacht spa alla luce del licenziamento e dell’inasprimento delle condizioni di vita delle nostre famiglie, nonché della persistente assenza di intervento dei vari livelli Politici, Istituzioni e di Governo si è decisa tale azione per assicurarci un mantenimento dignitoso di vita, senza l’incubo del pignoramento della propria casa ed il reinserimento occupazionale”.
Le vittime di questo sistema sono padri di famiglie cui non possono assicurare lo stipendio e che aspettano ancora di ricevere la liquidazione. In simili condizioni i lavoratori si dicono disposti anche a sostenere lo sciopero della fame e della sete.
Lungi dall’essere un caso isolato, la protesta acquisisce valore simbolico-solidale se si considera che esperienze tristemente affini, di cui la Triscele e Casa Serena costituiscono solo due esempi, sono figli della stessa politica lavorativa. “La rivoluzione di Crocetta non si può fare senza lavoro” dichiara Capomolla. Risollevarsi significa investire.(LAURA MANTI)