[…] Diamoci una mossa!/Non ci costringeranno /finiranno di degradarci/non avranno più controllo su di noi/saremo noi a vincere […]
Quella che vi abbiamo riportato, non è la parte di un discorso di sollevazione delle masse enunciata da un politico rivoluzionario ma uno stralcio della canzone Uprising dei Muse. Con questo brano (e con questa didascalia alle spalle, proiettata su un telo bianco) Francesco Palano Quero si accinge a raggiungere il pulpito, dal quale parlerà ai suoi sostenitori e amici.
Domenica pomeriggio, teatro Annibale Maria di Francia: non va in scena uno spettacolo in cartellone ma un incontro dedicato ad ufficializzare i punti cardine di una candidatura a sindaco, della quale si aveva già avuta la comunicazione da qualche settimana. Il 22 febbraio infatti, i messinesi apprendevano dalle pagine dei quotidiani che, il presidente della IV circoscrizione, in prima linea non solo per le vicende relative al suo quartiere ma anche in virtù della campagna a sostegno di Matteo Renzi come leader del centro-sinistra, “scendeva in campo” in vista delle amministrative di maggio.
A dare il via all’appuntamento è l’attore messinese, nonché moderatore e padre del candidato, Gianfranco Quero. La scelta della location non è casuale come verrà spiegato e, puntare i fari sulla zona del Tirone, per troppo tempo abbandonata a se stessa, è un primo obiettivo. Proprio il presidente del comitato pro-Tirone Lillo Ferrara è infatti, il primo a prendere la parola. Questi sostiene, in accordo con Quero, la necessità di annullamento della Società di Trasformazione Urbana, la Stu Tirone, come sostenuto già nei giorni scorsi da entrambi durante l’incontro a Palazzo Zanca, ovviamente senza rischiare di perdere i fondi destinati alla riqualificazione dell’area che, nonostante sia in pieno centro, risulta clamorosamente “invisibile” all’attenzione di politici e opinione pubblica. Appoggio del comitato Pompei, nelle persone di Antonio Sofia e Giovanni Pino; un intervento di Rosario Duca presidente dell’arcigay messinese e del presidente provinciale dei giovani del Pd, Gabriele Lo Re.
Rinnovamento e bisogno di una politica sana, nuova e onesta che dimostri la possibilità di guardare al futuro con seria speranza e progettualità, sono i capisaldi degli interventi di questi relatori, che prima ancora che da rappresentanti di associazioni e comitati, parlano da cittadini.
Il deputato regionale Davide Faraone tiene a battesimo gli interventi dei due cardini di un’asse che è tangibile per fidelizzazione, per incarico, per amicizia e per cursus honorum: Alessandro Russo e per l’appunto, l’aspirante candidato sindaco. I due Castore e Polluce del Pd messinese vivono percorsi incrociati e, a sentirli parlare, sembra inevitabile collegarli anche in questa corsa alla sindacatura: come se a votarne uno si acquisisse in automatico un binomio.
“Lasciamo parlare il cuore”, esordisce Russo. Quello che vien fuori è un fiume in piena trasbordante di contenuti, di attacchi costruttivi e punzecchiature alla dirigenza del partito. “Molti pensano che siamo solo quattru figghiulazzi ma si sbagliano. Abbiamo la voglia e la competenza per guidare Messina. La conosciamo bene e per questo abbiamo avuto questa folle idea. Presentiamo un cambiamento rispetto al modo in cui il Pd è stato guidato fino ad ora”. Il presidente di circoscrizione, noto renziano e accanito sostenitore della necessità di rinnovamento del partito, nonché recente “sconfitto” in occasione delle primarie parlamentarie, non evita il riferimento all’incontro elettorale intestino di cui è stato co-protagonista: “le primarie controllate? Bè se l’idea è sporcata da certe manovre non vuol però dire che sia sbagliata di per sè”. Ecco dunque che Russo parte in quarta con una risposta forte e combattiva a quanti, appena qualche giorno fa, avevano sottoscritto il documento di cui si era fatta portavoce la prof.ssa Modica, durante il vertice del Pd: “noi ci crediamo! Inoltre fa ridere sentire qualcuno del nostro partito parlare del M5S come l’antipolitica visto che lavora sul campo ed è il secondo partito d’Italia. Mentre loro fanno questo noi non possiamo pensare di continuare la vecchia politica.” Il suo è un NO forte al nome imposto, al voto di scambio e agli accordi sottobanco, ai consensi acquistati tra gli elettori con moneta alla mano, “non fa parte del nostro dna.” Un’ode alla visione della politica che “non preveda più deleghe. Oggi abbiamo la peggior classe politica anche all’interno del partito, perchè loro hanno sempre delegato. Delegare è sbagliato, non è più tempo. Oggi bisogna condividere”. Russo parla alla gente in modo chiaro e deciso, tocca le corde giuste e piace a molti (ci sarebbe da chiedersi se il discorso piaccia proprio a tutti però e se sia condiviso anche dall’avv. Saitta, seduto tra i moltissimi accorsi al teatro). “E’ tempo che chi ha sbagliato faccia un passo indietro e lasci spazi ad altri. Noi alle primarie non rinunciamo” tuona severo, prima di lasciare la parola all’ospite dell’evento. Torna al suo posto, incrocia Quero al quale passa la staffetta con il classico abbraccio che fa tanto political.
Dalle casse risuona la voce di Matthew Bellamy. L’aspirante sindaco sceglie i Muse che piacciono anche al toscano pigmalione dei “dissidenti” ,tanto d’aver proposto un brano della band britannica come inno del Pd (poi alle primarie è stato sconfitto da Bersani e ci siamo dovuti sorbire la Nannini per tutta la campagna elettorale!). Anche Renzi, alla presentazione del suo libro, due anni fa, infatti, lasciò che fosse un pezzo dello stesso gruppo ad introdurlo. “Io penso che i Muse siano nati a Messina” esordisce Quero, guardando alle didascalie che vengono proiettate alle sue spalle. Ringrazia i colleghi del quartiere e i presenti in sala. “Stiamo costruendo un percorso che è in salita. Di fronte a noi c’è l’Himalaya ma abbiamo picconi e scarpe chiodate per arrivare fino in cima alla vetta. Io ci sono e vi voglio accanto a me in questo percorso”.
Apre il discorso con un attacco alla destra che non ha saputo governare in città e in Italia. Ricorda rapidamente i fallimenti della precedente amministrazione e chiama in causa gli aumenti imposti dal Commissario Croce. Non dispensa però i politici di casa sua: “questo partito ad oggi non ha offerto alternative. Attraverso un metodo di ascolto e partecipazione si possono comprendere necessità e bisogni di territorio e cittadini”. Il dictat è lavorare insieme per il bene di Messina, quasi un tormentone ormai, comune a tutti coloro i quali hanno, fino ad oggi, presentato la propria candidatura a Palazzo Zanca. “Come potevamo non indignarci per gli scandali sulla formazione e lo scambio di voti?” ecco che torna imponente ma solo accennato, lo scontro con i poteri forti del Pd messinese, trascinati nella baraonda di uno scandalo che è durato il tempo della messa in onda di un servizio tv. “Di tutto questo probabilmente non siete responsabili voi oggi ma lo sarete domani se non farete niente per cambiare le cose, adesso” è il suo monito affinchè il pubblico di oggi sia l’elettorato su cui contare domani. Quero propone la sua ricetta per “la felicità” che passa dalla ricostruzione della città, dal risanamento delle periferie in primis, la lotta all’evasione fiscale e tributaria, tagli a sprechi in favore di azioni mirate a garantire i servizi essenziali. Attingere ai fondi regionali ed Europei si può, si deve, sbattendo i pugni laddove necessario, tanto a Palermo quanto a Roma e finanche a Bruxelles. Lavorare per rilanciare Messina e renderla una città vivibile e adatta alle esigenze dei suoi cittadini, perchè nessuno sia più costretto a scappar via. Conti trasparenti e pubblici soprattutto. Di quando in quando un supporter fa scattare l’applauso, qualcun altro interviene e ad alta voce lo esorta ad andare avanti a testa alta.
“Ma andare dove di preciso?” ci chiediamo. E’ un fatto che non sia ancora chiaro che ne sarà di queste candidature giacchè, alle primarie questa volta non si sa ancora se si arriverà o meno. Di certo al Sant’Annibale sono in moltissimi e, ciò che fa riflettere è che difficilmente si ricordava una partecipazione di così tanti under 40 del centro destra messinese tutti insieme, nello stesso momento, al medesimo incontro elettorale. No non è una defaillance: c’era davvero un melting pot di giovani di centro, di destra e di “non meglio identificati” (o non ancora pervenuti), forse qualcuno era lì per spiare, forse invece per sperare, una cosa è certa: noi li abbiamo visti applaudire. (ELEONORA URZI’)