Gerlando Alberti junior, il killer di Graziella Campagna. Il boss catanese Nitto Santapaola. I luogotenenti dei Lo Piccolo, Francesco Franzese e Gaspare Pulizzi. L’elenco dei latitanti che hanno trovato comodi rifugi del messinese è lungo, e rende conto del perché Barcellona ha scalato in fretta la gerarchia della mafia siciliana: la cappa di omertà che ha protetto i criminali proteggeva allo stesso tempo anche i mafiosi delle altre province siciliane.
Barresi è solo l’ultimo di una lunga serie di uomini sfuggiti alle manette che hanno scelto o sono rimasti, come nel suo caso, praticamente a casa, nella zona tirrenica del messinese.
All’appello mancano i fratelli di Montalbano, Calogero e Vincenzo Mignacca, spietati killer dei tortoriciani. Anche di loro, inseriti nell’elenco dei 40 più pericolosi latitanti d’Italia ormai da anni, nessuna traccia, malgrado le dichiarazioni dei neo pentiti Gullo e Bisognano, che della loro latitanza hanno svelato parecchio. E anche loro per molto tempo sono rimasti ad un passo da casa, per poi spostarsi tra Catania e la Calabria, dove le forze dell’ordine hanno trovato diversi loro covi. Da decenni, però, avevano perso importanza, niente a che vedere col boss Barresi, ancora attivo negli affari criminali e sfuggito alla cattura per ben un anno e mezzo.
Alla fine del 2011 scorso Barresi stava cadendo in trappola: c’erano andati vicinissimi i carabinieri, che avevano perlustrato la sua abitazione di via Milite Ignoto. Lì il covo c’era, ed era ancora caldo, ma del boss neppure l’ombra.
Sfuggito all’arresto a lungo, il mafioso non è riuscito invece ad evitare che il suo patrimonio passasse allo Stato. Malgrado la Corte di Cassazione avesse annullato il primo sequestro, quello disposto dal gip Ignazitto il 24 giugno 2011, la Procura di Messina è tornata a chiedere ed ottenere la misura, stavolta al Tribunale Misure di Sorveglianza. (ALESSANDRA SERIO)