Lasciatemi dire una cosa: è bellissimo iniziare il 2013 parlando di questo film; non potevo iniziare meglio per diversi motivi.
Innanzitutto esiste un legame affettivo e personale nei confronti di Tornatore, e trovo che sia ben augurante iniziare l’anno con un suo film (verrà il giorno in cui vi chiarirò questo legame, ma oggi non è quel giorno).
Anche se non esistesse questo legame affettivo Tornatore rimarrebbe in ogni caso nel ristretto clan dei miei registi preferiti: oltre ad avere in mano una tecnica ed una professionalità sopraffina, è perfettamente cosciente che una storia girata per il cinema deve essere una storia grande, in ogni senso: e questo non è banale: se pensate a quanti film piccoli, nel senso peggiore del termine, vediamo al cinema, vi renderete conto che forse oggi si è perso per strada quel concetto per cui un film deve essere pensato per essere proiettato su uno schermo grande, per un pubblico che lo guarda alzando la sguardo verso l’alto.
E poi La Migliore Offerta è un film riuscitissimo: la storia è un meccanismo perfetto che incastra alla perfezione due generi carissimi a Tornatore: il melò e il thriller, una storia che tiene incollati alla sedia dalla prima all’ultima, ambigua, inquadratura, una storia che è in gran parte sulle spalle di Geoffrey Rush, protagonista assoluto e perfetto del film, che oscura tutti gli altri ,persino il sempre fighissimo Donald Sutherland, nonostante il bel ruolo affidatogli.
La regia è come al solito di altissimo livello (ma Tornatore in questo non tradisce mai), ma quello che mi ha colpito di più è l’identità internazionale che ha dato al film: in genere un film girato in Italia è perfettamente riconoscibile; pensate all’ultimo e tremendo film di Woody Allen, ma anche The Tourist o The American: ogni volta che ci si sposta in Italia sembra di piombare dentro una puntata sogni d’amore, la famigerata telenovela piemontese: ebbene, La Migliore Offerta, nonostante sia girato in Italia, ha un’identità ed un’atmosfera che prescindono dal luogo in cui si svolge la vicenda, rendendo il film spendibile in ogni angolo del pianeta, cosa che mi auguro vivamente accada.
Se poi vogliamo andare a cercare dei peli nell’uovo e trovare dei difetti, direi che la parte romantica forse è troppo dilatata (ma c’è un forse molto grande, in fondo la cosa è giustificata dalla struttura narrativa del film) e la protagonista femminile non è sembrata molto all’altezza, in un ruolo molto difficile (ma sfido chiunque a sembrare all’altezza recitando a fianco di un Geoffrey Rush così in forma).
Insomma, si inizia il 2013 con un filmone, assolutamente da vedere! (UMBERTO PARLAGRECO)
(voto: 8/10)