L’Italia è una terra ballerina, e la Sicilia si trova in una posizione delicata, con Messina proprio al confine tra la placca africana e quella europea. A causa dei recenti eventi disastrosi di Abruzzo ed Emilia Romagna anche i terremoti siciliani sono maggiormente monitorati dai mass media che ne pubblicano, a livello locale, con attenzione dinamiche e caratteristiche causando a volte anche un po’ di panico non si sa quanto giustificato. In effetti, v’è da dirlo, gli eventi disastrosi (seppur molto violenti) sono stati fortunatamente pochi in confronto alle tante micro scosse che da sempre si registrano nell’intera isola. Come testimoniano gli esempi sottostanti che evidenziano alcuni movimenti recenti:
19/11/2012: ore 21,40 circa, magnitudo 2.3 tra i Golfi di Patti e Milazzo;
22/11/2012: venticinque scosse sull’Etna per tutta la mattinata e parte del pomeriggio, con picchi di magnitudo da un minino di 2 ad un massimo di 3,9 gradi;
11/12/2012: ore 11,42 circa, una scossa di magnitudo 3.1 a largo di Lipari;
Ed infine l’ultimo evento registrato il 18 dicembre alle 3.56 del mattino con epicentro a Barcellona e nel suo comprensorio, di magnitudo 2.3, anche inferiore alle altre tante scosse registrate sempre sull’Etna che dal 22 novembre scorso dimostra una attività di assestamento regolare.
Molti di questi sismi non sono percepiti dalla popolazione che solitamente non avverte terremoti inferiori ai 3 gradi della vecchia Mercalli. L’unica cosa certa è che l’area del Messinese è sempre stata coinvolta in fenomeni di questo tipo e proprio negli ultimi mesi alcuni tra i più noti sismologi italiani, appartenenti ad un gruppo di ricerca misto afferente all’ INGV come alle Università di Catania e di Napoli, hanno proclamato una scoperta importante che riguarda l’intera area orientale della Sicilia: la “Micro-Placca Siculo Iblea”.
Secondo i dati elaborati dall’equipe in questione, la Sicilia orientale “godrebbe” di una placca tutta propria che è sì installata su quella africana della quale fa parte un po’ tutta l’isola, ma agisce per proprio conto rendendosi responsabile di molti di questi movimenti tellurici, lievi e non.
Questa placca infatti avrebbe un apice nello Stretto di Messina ed uno nel Canale di Sicilia sino a toccare le coste africane che tante volte hanno avvertito (e viceversa) i terremoti siciliani.
Secondo il Dott. Mimmo Palano, geofisico dell’INGV di Catania, i confini del blocco siculo-ibleo consisterebbero a nord in una linea che corre nel mar Tirreno, più o meno parallelamente alla costa settentrionale siciliana, passando sotto Ustica e intercettando le isole Eolie; mentre ad est il confine va dalle Eolie, passando per il messinese e per la costa ionica siciliana, giù fino al Canale di Sicilia, all’altezza dell’isola di Malta (con ripercussioni sul Nord Africa).
Tra i tanti punti che ne fanno parte è il versante messinese e ionico a presentare il quadro peggiore, senza che ciò debba comportare attacchi di panico collettivi. Qui gli studiosi avevano già da tempo individuato una grande faglia denominata Eolie-Tindari-Letojanni, ritenuta come la linea di «strappo» del blocco calabro-ionico, al di sotto del quale si consuma la subduzione (sprofondamento) della placca africana sotto a quella euroasiatica.
La novità consiste nel fatto che Palano e collaboratori avanzano l’ipotesi che questa faglia non si fermi a Letojanni (sulla costa ionica) ma prosegua in mare,e che all’interazione fra i due blocchi siculo-ibleo e calabro-ionico si possano attribuire sia la genesi dei vulcani eoliani che i grandi terremoti storici della Sicilia orientale, come quelli della val di Noto del 1693 e di Messina del 1908.
La scoperta è importante, perché sapere cosa e dove guardare per possibili previsioni future è importante. Ma allo stato attuale non abbiamo certezze se non quella, già risaputa, che Messina e la sua provincia si trovano in una zona ad alto rischio sismico e che sarebbe il caso di essere preparati, con l’aiuto di istituzioni attente ma soprattutto l’attenzione e la calma di tutti. (CARMEN MERLINO)