Dopo il lunedì di riposo concesso ugualmente da Catalano, nonostante questa settimana si giochi con un giorno d’anticipo rispetto al consueto cliché, è ripresa nel pomeriggio, sotto l’acqua, la preparazione dell’Acr Messina in vista del match contro la Nissa in programma sabato a Caltanissetta, ultimo impegno prima della sosta natalizia. I giallorossi dovrebbero trovare un avversario sempre allo sbando per la crisi societaria (domenica i nisseni sono scesi in campo con ben 9 juniores), ma occorrerà comunque tenere alta la concentrazione per non mancare l’appuntamento con quei 3 punti che consentirebbero di trascorrere le feste in testa alla classifica, quanto meno in coabitazione col Nuovo Cosenza, atteso dall’ insidiosa trasferta di Ragusa.
Tengono banco, intanto, in queste ore le significative dichiarazioni del DG Giuliano e di Pietro Lo Monaco che, in sede di commento, hanno evidenziato il dato della scarna cornice di pubblico sugli spalti –tra 1500 e 2000 presenze anche Domenica- a dispetto del campionato di vertice e dei grandi sforzi sin qui profusi dalla nuova società, accolta tra l’entusiasmo generale ma poi non adeguatamente supportata al botteghino.
Rimostranze giuste e comprensibilissime ma, sottolineato l’amore elargito anche in questa stagione dagli storici club organizzati e premesso che sarebbe stato meglio optare per il Celeste ai fini dell’effetto catino, andiamo ad analizzare le potenziali cause di questa “allergia da stadio” che sembra attanagliare gli sportivi della nostra città.
Per prima cosa, occorre porre l’accento sul fattore stadio: a voler tacere della strada franata, dato che il patron nei suoi strali ha anche invocato l’aiuto del dissestato Comune, va considerato che il San Filippo è integralmente scoperto, e la cosa di certo non aiuta; in secundis, per un pubblico già parecchio “abituato” -nell’accezione più messinese del termine- nel dna (ricordiamoci che si registravano 3-4.000 spettatori di media anche in Serie B nell’ultimo anno dei Franza) questa categoria resta comunque “quella che è”: probabilmente serviranno certezze ancora maggiori prima di salire sul carro. Non va sottaciuto però che problemi simili si riscontrano ad ogni latitudine, basti pensare che ieri si sono registrati soltanto 198 paganti (più 2700 abbonati) al Granillo di Reggio Calabria per un posticipo di serie B, anche se in questi casi il refrain del “tutto il mondo è paese” non consola minimamente.
In terzo luogo, il fascino delle pay per view evidentemente ammalia e non poco gli appassionati della città dello Stretto, che restano ancora defilati in merito all’Acr ma seguono, eccome, le “big” di serie A per le quali tifano: basta dare un’occhiata alla home domenicale di un social network per rendersene conto. Ad ogni modo, il problema dello svuotamento degli stadi per il calcio in tv purtroppo esiste da anni ormai, ma probabilmente basterebbe regolarsi di conseguenza, magari guardando al di là del proprio naso. Per dirne una, si potrebbe seguire il modello di Inghilterra, Germania e Francia, dove praticamente tutte le serie minori giocano tra il venerdì ed il sabato. Perché non aprire un tavolo con Macalli e Tavecchio -proprio ieri riconfermati alla presidenza, rispettivamente, di Lega Pro e Lega Serie D- per arrivare gradualmente allo spostamento istituzionale al sabato di tutti questi campionati, seguendo anche l’esempio della nostra stessa serie B? Di certo la parola di Pietro Lo Monaco, cui sempre andranno i ringraziamenti e gli incitamenti più sentiti per quello che sta facendo e che farà a Messina, avrebbe il suo bel peso specifico. (JODY COLLETTI)