Non è mancata all’appello Barcellona, nonostante la grandine del pomeriggio e le nuvole minacciose di pioggia. Ore 20 in Piazza Duomo si era detto, e si è stati in tanti. Tutti lì a voler dire silenziosamente che stavolta la città c’è e non lascia sole le vittime di un male senza movente. Un male che ha colpito l’ennesimo innocente, sabato 1 Dicembre 2012, quando in un agguato in stile mafioso è caduto sotto i colpi di due sicari Giovanni Isgrò.
Un sabato sera come tanti, un po’ frizzante dato l’avvicinarsi del Natale. La gente che inizia a guardare le vetrine in cerca di idee per i regali, le coppie e gli amanti del cinema davanti alle porte del “Corallo”, ed i bar pieni di tifosi che scommettono sulle partite di calcio dell’indomani: “Vincerà la Juve” e l’altro “Questo è l’anno dell’Inter”. Poi un rumore e lo shock di orribili ricordi legati ad anni lontani: uno sparo, un secondo … in tutto cinque e la sgommata di un veicolo in fuga.
Domenica è stata la giornata della confusione, non della piazza ma del cuore; per l’ennesima volta ci si sente feriti ed arrabbiati. E’ vero, forse non si conosceva questa nuova vita spezzata; ma basta guardare le foto dei suoi familiari, sapere che era una persona pulita come tante ed ucciso non si sa perché, per arrabbiarsi o cedere alle lacrime, secondo come ognuno manifesta il proprio dolore e sgomento.
Via Garibaldi 84, una parrucchierìa da uomo come altre, ed invece i segni del gessetto a terra e la consapevolezza che lì, a pochi metri dall’unico cinema della città, sabato iper affollato per il nuovo film di James Bond, si è consumato un omicidio.
Il sindaco e le rappresentanze al completo sono stati cittadini come gli altri, stretti attorno ad una famiglia distrutta. Un padre che ripete a se stesso che non vedrà più il sorriso del figlio se non in fotografia, ed una madre che piange senza poter dir nulla non avendo più voce.
Molti i giovani dell’età di Giovanni, o già padri e madri di piccoli che hanno fatto partecipare in carrozzina. Perché prima di tutto si deve lottare per loro, i più giovani.
Molti dei neoadulti di oggi sono i bambini cresciuti che negli anni 80-90 hanno visto il sangue per le strade, e quei cerchi di gessetto su un asfalto macchiato che si era provato a rendere pulito per non scioccarli, come se poi non potessero capire lo stesso.
Bambini cresciuti “vivendo” i telegiornali mentre i coetanei nel resto d’Italia giocavano spensierati; covando una paura destinata a diventare rabbia ed odio negli anni, quando una volta divenuti adulti si sarebbero resi conto del danno che è stato fatto alla loro infanzia.
Un danno irrimediabile perché quei ricordi, seppur sfocati a volte, altre sin troppo nitidi, rimangono e non te li toglie nessuno: il sangue, la disperazione, la notizia di Falcone, di Borsellino ed altre persone oneste uccise da uno dei tanti mali informi di questo mondo, nell’impressione di vivere in un incubo dove, al contrario che nelle favole, i cattivi sembrano vincere ed i buoni morire.
La paura è diventata rabbia appunto, e domenica sera gli striscioni dicevano che “Barcellona Pozzo di Gotto non ha più paura”, perché sa già che non serve a nulla provare a scappare. Anche se sei innocente, incensurato, ed amato da tutti, puoi dare fastidio e venire ucciso senza sapere neppure il perché.
A questo punto è meglio lottare; silenziosamente oltre che gridando, ma con quel silenzio che è di rispetto e composto dolore, non di paura. Un silenzio che parla più di mille dichiarazioni dai toni ufficiali o articoli di giornale. Giovanni era uno dei bambini sconvolti da una guerra di mafia che forse non sarà attinente con la sua morte, ma ha sempre usato i metodi con cui è stato ucciso.
Alle 20 di sera, a ventiquattro ore esatte dal suo assassinio, si sono percorsi, uniti ai suoi genitori, Piazza Duomo, la Via Roma e Piazza San Sebastiano, giungendo a quell’angolo apparentemente tranquillo che ieri per pochi minuti è diventato un luogo infernale.
L’unico discorso, sentito e commosso, lo ha pronunciato la direttrice delle FMA cittadine; arrabbiata, persino lei, è stata decisa nel chiedere salvezza per l’anima di un povero ragazzo ucciso senza pietà e per quella dei suoi assassini cui deve mancare la capacità di distinguere il bene dal male, unica cosa che rende umani.
Ha fatto un appello a chi ha visto o sentito qualcosa: non bisogna nascondersi ma reagire, perché queste vittime innocenti dimostrano che alla fine nessuno è al sicuro. Basta col silenzio, se non quello del cordoglio.
A parte questo per adesso c’è solo da salutare Giovanni, un ragazzo cui è stato sottratto per sempre un sorriso che rimarrà scolpito nei ricordi di chi lo ha conosciuto e di chi, suo concittadino, ha già cominciato a chiedere giustizia. (CARMEN MERLINO)