Barcellona Pozzo di Gotto. Una città abituata a finire troppo spesso negli archivi di cronaca ma che stavolta non si dà pace: un ragazzo incensurato, pieno di amici coi quali sarebbe andato di li a poco in un locale a divertirsi, uscito dal barbiere è stato freddato da cinque colpi di pistola. I sicari si erano appostati lì vicino. Lo hanno atteso fuori dall’esercizio, e dopo averlo raggiunto una prima volta hanno avuto la freddezza di inseguirlo ed accanirsi sino alla sua fine. La vittima, si chiamava Giovanni Isgrò, un nome destinato a fare il giro della città mentre lui, ferito, veniva trasportato inutilmente in ospedale dove i primi amici in ansia ed i familiari aspettavano sperando non fosse vero.
Oggi si cerca di capire: era un mafioso? Spacciava droga? Nulla di tutto questo: non aveva mai avuto il minimo problema con la giustizia, e chi lo ha conosciuto è ancora più scioccato perché non riesce a capire il motivo che possa spingere ad uccidere un ragazzo dolce e pulito. La sua famiglia è semplice: due genitori premurosi e due sorelle che gli vogliono bene e postano le sue foto su facebook mentre sorride con tutti loro. Stasera v’è stato, alle 20, l’incontro a Piazza Duomo con le rappresentanze ma soprattutto loro, la famiglia.
Il Papà di Giovanni piange, ma soprattutto chiede “perché” mentre la mamma non ha neppure la forza di guardare la saracinesca dell’Hair Fashion. Lui, ingegnere conosciuto e stimato, lei insegnante e madre altrettanto amata. Nessuna ombra su loro, se non un lutto che adesso ritorna alla mente di chi, come lo stesso Giovanni, ne fu testimone sedici anni fa.
Era carnevale, un’altra festa gioiosa e le strade piene di persone pronte a festeggiare. Persone normali che pensavano alle maschere finte mentre qualcun altro ne indossava una vera, intenzionato a rovinare un’altra famiglia. Emanuele Minolfi,incensurato padre di famiglia che ha appena portato all’asilo nido il figlioletto vestito per la festicciola, viene ucciso vicino al centro, davanti la sede INPS locale, da sicari professionisti che gli sparano contro cinque colpi prima di fuggire. Nessuno scherzo di carnevale, solo una vita spezzata.
I cari non si daranno mai pace e tra loro la sorella Isabella, madre di un bambino di nome Giovanni Isgrò che a soli sette anni avrebbe imparato quel giorno quanto può essere assurdo il male che colpisce lo zio, il padre di famiglia, la persona tranquilla ed innocente del quale ancora oggi non si capisce il torto. Su quel delitto non si riuscì mai a sapere molto di certo se non la data, il 16 Febbraio 1996, ed il nome della vittima. Emanuele aveva un lavoro onesto, ventinove anni portati con gioia e serenità, sin quando fu ucciso senza neppure, forse, sapere perché.
Sedici anni dopo, l’1 Dicembre 2012, è toccato a suo nipote, con la stessa dinamica, gli stessi colpi di pistola, e la stessa domanda ancora senza risposta.
Il sostituto procuratore, Fabio Sozio, si è già messo al lavoro interrogando i primi tre testimoni oculari che potrebbero non essere gli unici: tanti affollavano quell’angolo nevralgico della città, a pochi passi dal Cinema Corallo, dalle vetrine illuminate della Via Umberto I e dal Duomo e dalla Piazza San Sebastiano sempre tanto frequentati.