Milazzo è una città costiera di millenaria esistenza, stesa comodamente tra le due spiagge del golfo naturale che ne ha fatto un porto ambito e rinomato. Una città considerata bellissima da molti dei turisti e dei forestieri che la visitano, attratti dai suoi scorci unici. Se tutti i quartieri che la compongono, anche i più periferici, si rivelano ricchi di tesori artistici non sempre messi in vetrina, la parte che da sempre ha affascinato gli spiriti più avventurosi, anche e soprattutto prima che un po’ tutti la “riscoprissero”, è quella del cosiddetto “Borgo”.
Situato ai piedi del castello, è costituito da un insieme di vicoli labirintici dei quali molti fanno soltanto il giro delle casette a schiera colorate di vivaci rosa, arancione o del più classico e mediterraneo bianco brillante. Un tesoro storico da tutelare, tanto da essere stato proposto all’UNESCO per essere inserito tra i beni che normalmente aiuta a conservare.
Un bene che forse andrebbe salvato innanzitutto dalla speculazione di chi vi vede un’attrazione da sfruttare ad ogni costo senza le dovute attenzioni. Perché il Borgo è un quartiere che le attenzioni le merita, conteso oramai tra chi vi ha sempre abitato in tutta tranquillità e chi negli ultimi anni ne ha trasformato una considerevole parte in un “paradiso movida”.
Se nel secondo dopoguerra molti furono i Milazzesi che, potendo, abbandonarono le casette da pescatore per un agognato appartamento moderno nella parte bassa dagli alti palazzi in cemento, circa dieci anni fa qualcosa cominciò a cambiare nell’opinione pubblica cittadina: molti imprenditori benestanti, non di rado gli stessi costruttori dei megapalazzi del litorale, hanno cominciato ad acquistare, a prezzi assai modici, quelle casette rurali abbandonate.
Il risultato? Ville con coloratissimi giardini e casette storiche in pietra affrescata rimesse a nuovo, destinate a diventare isole di pace lontane dai rumori delle oramai caotiche vie della parte bassa. Almeno per un po’. Non tutti infatti ne hanno scorto il solo utilizzo residenziale: la ristrutturazione del castello, con la riapertura di molte delle sue parti ai turisti, ha convinto alcuni a trasformare quelle casette appena acquistate in suggestivi B&B o ancor meglio in pizzerie, ristoranti e pub discoteche.
Se i turisti cercano i piatti di pesce, i teenagers ed i “discotecari” di tutto il comprensorio si riversano ben contenti nei locali più giovanili e “cool” . Con amarezza e problemi per gli abitanti. Perché vi è anche chi quelle case non le ha mai cedute, lasciandole in eredità ai figli ed ai nipoti che a volte hanno tramandato i mestieri dei genitori mettendo un freno al Tempo: non è un caso che proprio in quelle vie si trovi uno dei più lodati laboratori di restauro della provincia, o uno degli ultimissimi ciabattini della oramai moderna città mamertina.
Così il paradosso: di giorno, ancora oggi, si possono ammirare semideserte stradine in ciottolato costellate da piccoli giardini pieni di aromi, mentre di notte decine di persone “intasano” le stesse viuzze con auto e soprattutto la loro gaia presenza.
Una presenza che ha comportato nel luglio scorso il richiamo di un consigliere comunale, Maurizio Foti, intenzionato ad ascoltare le proteste dei residenti esausti. Nell’agosto seguente una vera e propria riunione di consiglio avrebbe portato alla deliberazione della chiusura degli impianti stereo alle 2,00 insieme alla pedonalizzazione di molte aree in cui il traffico era diventato addirittura causa di incidenti e risse.
Così si è risolto in parte il problema dell’inquinamento acustico e dei parcheggi abusivi che si erano venuti a creare, ma si è dimenticato sempre qualcosa. A volte la “movida” attira persone senza scrupoli intenzionate a cercare guadagno gratuito, o peggio divertimento a scapito d’altri.
Così dopo che in molti si erano accorti delle “brutte facce” circolanti a volte in quei pressi, prendendo la contestata decisione di evitare il quartiere nelle ore notturne e meritandosi l’appellativo di “allarmisti”, purtroppo è successo il temuto: una delle tante ragazze andate a mangiare una pizza con gli amici in quel bellissimo scenario ricco di fascino e svago è stata aggredita mentre, sola, si recava al parcheggio della propria auto.
Un’aggressione, forse portata a compimento da più persone, che ha lasciato sicuramente un trauma nella malcapitata barcellonese che ne ha fatto le spese. Delle modalità dell’aggressione non si sa ancora molto, anche per non accendere troppi riflettori su chi già ne sta pagando immeritatamente le conseguenze. Ed il tutto mentre si infiamma, invece, l’immancabile lotta tra chi dice che non vi erano stati segnali di criminalità nella zona e chi, al contrario, afferma che le aggressioni erano da tempo all’ordine del giorno con frequenti pestaggi di gruppo e minacce a chi avrebbe provato a sedarli.
Così tra le critiche il sindaco, Carmelo Pino, ha dichiarato il proprio cordoglio per l’accaduto, pubblicando una nota sul sito telematico del comune, mentre in tanti denunciano il solito “chiudere le stalle” in ritardo.
La Movida era stata giudicata dalla stessa amministrazione una chance turistica ed economica da non perdere; i vigili urbani avevano promesso controlli che però pare non riescano a garantire del tutto per questioni di orari; ed adesso, solo adesso, la decisione di mettere un servizio di videosorveglianza. Telecamere in tutto il Borgo, pieno per sua natura di angoli e feritoie? Le perplessità di chi abita il quartiere rimangono e forse aumentano.
La Movida è un lusso che molte città non si permettono perché consapevoli di non poterla controllare. Forse la soluzione sarebbe, piuttosto, la realizzazione di un vero piano di controllo senza il quale, altrimenti, chiudere o ridimensionare un progetto che col tempo diventa oltre che fastidioso addirittura rischioso per chi vi partecipa da una parte e dall’altra, compresi i proprietari dei locali in regola sempre più evitati dai turisti veri. (CARMEN MERLINO)