Qual è la verità sull’incredibile diatriba riguardante il Teatro di Messina? Il sipario rimane calato e non c’è pubblico che applaude in questi giorni in cui sindacalisti e tutto l’organico interno ed esterno continuano risoluti nel proseguo del loro presidio, delegittimando l’intero corpo del Cda dell’Ente autonomo regionale Teatro di Messina, dal presidente al sovrintendente.
Il Cda, dall’altra parte, cerca a tentoni di giustificarsi, attraverso dichiarazioni che non sono del tutto lo specchio della realtà.
Il messaggio dei presidianti è chiaro: solo se ogni componente del Consiglio di Amministrazione lascerà la propria poltrona, perché giudicato incompetente, il Teatro sarà sgomberato e liberato da qualsiasi forma di protesta. Tale messaggio verrà presto rivolto anche alla nuova presidenza regionale e al futuro Assessorato, con la richiesta di potersi confrontare con un interlocutore valido.
Dalle comunicazioni del Cda, il qui pro quo sulla questione del commissario continua, così come ancora non risolta appare il problema della pianta organica, respinta dalla Regione nel 2010, e mai più redatta.
I finanziamenti, tra l’altro, che il Cda tenta di vantare sono, in verità, piccolissime somme elargite dalla Regione e non sempre pervenute, ragion per cui dal 2003 dovrebbero esserci in totale circa sei milioni di euro e non l’attuale milione e mezzo circa di euro, che rappresenterebbe solo una goccia nel mare.
Sui consuntivi sembra aleggiare una nube di incertezza e oscurità: il Cda non ha fornito alcuna data della “presunta” consegna al Collegio Revisori del bilancio 2010, altrettanto di quello del 2011, di cui la situazione è ancora più sconosciuta dell’anno precedente. Basti pensare al solo fatto che non è stato completato neanche l’inventario, segno di un ritardo infinito che non sembra trovar luce.
Intanto la stagione continua, e si cerca di non deludere gli abbonati. Le scelte di confermare lo spettacolo di danza della prima Ballerina dell’Opera di Parigi, Eleonora Abbagnato, per le date dell’8, 9 e 11 novembre, e dell’appuntamento con la Martha Graham Dance Company, probabilmente per le date del 14 e del 15 dicembre, sono state giudicate dai sindacati inadeguati e inidonei. Sono l’esempio che oltre al danno si aggiunge la beffa, poiché costituiscono un proseguimento dei lavori in cui le entrate del teatro sono ridotte all’osso.
Oltretutto, tali spettacoli , anche se sono in possesso delle somme, non potranno usufruire delle liquidità; costituiscono l’evidente tentativo di salvare l’immagine di un Teatro, che pare non abbia più una vera immagine, date le condizioni del momento.
Sarebbe stato più sensato poter investire “quei pochi soldi” in più attività concertistiche che potessero garantire in particolare agli orchestrali giornate di lavoro maggiori alle cinque stabilite entro la fine di questo anno.
A dire il vero, le opzioni per risollevare la situazione potrebbero esserci, ma sembra di essere scivolati in un tunnel tra sordi e ciechi: basti pensare al fatto che il Teatro vanta un’orchestra altamente qualificata, capace di organizzare concerti in scuole, in piazze ecc…, a dimostrazione di una cultura viva nell’animo, ma morta nel corpo.
Riguardo la stagione 2013, i sindacati sperano vivamente che vedrà il suo inizio con un nuovo Cda completamente nuovo.
Ma, tirando le fila, a fare le spese chi sono? Chi lavora e chi impegna tempo e passione per un mestiere che vive di cuore, di anni di studio e che ora sembra esser stato ridotto a cenere. E non sembrano troppo lontane, allora, le parole di Italo Calvino che, ne La speculazione edilizia del 1963, scriveva: «La cultura paga ben caro l’essersi liberata da una base economica. Prima viveva sul privilegio, però aveva radici solide. Ora gli intellettuali non sono borghesi e non sono proletari.» (CLARISSA COMUNALE)