Caro prefetto Alecci, il suo congedo dalla nostra città avviene dopo cinque anni. Anni nei quali abbiamo subito di tutto. Cattiva politica, pessima amministrazione della cosa pubblica, complicità a tutti i livelli. Un comune devastato da personaggi che dovrebbero essere allontanati fisicamente dai palazzi dove si gestisce la vita stessa di migliaia di persone. Ebbene, lei, dopo 1825 giorni ci saluta con una esortazione a mezzo stampa. Un’esortazione che ha il sapore della beffa, della presa in giro. Chiede, insomma, ai cittadini onesti di “liberarsi” da chi ha fatto del male. Sembra quasi un’omelia, una predica domenicale.
Lei, signor Prefetto, non è il rappresentante di una professione religiosa, di un culto. Lei è un rappresentante del Governo Italiano. Dello Stato Italiano. E, in quanto rappresentante (ben retribuito) di questo Stato deve ( dovrebbe) osservare e fare osservare la Costituzione Italiana prima di ogni cosa. Non bastano le metafore e i ritornelli retorici e ipocriti. Non è l’ora delle ipocrisie.
Ha detto: “Chi ha il potere economico in questa città non vuole che le cose cambino”. Concordiamo perfettamente. E ci chiediamo: cosa ha fatto il suo ufficio, con i poteri e le responsabilità che detiene, per realizzare il cambiamento.
Le faccio un esempio. Le regole comunitarie e, quindi, anche italiane, sottolineano e pretendono il massimo di trasparenza e di partecipazione. Nelle attività economiche e nella vita pubblica. Perchè, allora, lei non le ha invocate, non le ha pretese in questi lunghi cinque anni? Ha mai preteso, per esempio, che la libera concorrenza in tutte le attività imprenditoriali venisse resa praticabile? No, signor prefetto, Lei non ha fatto nulla di tutto ciò.
Il Comitato La Nostra Città, che Lei incontrò all’inizio del suo insediamento, aspetta ancora delle risposte su due questioni fondamentali: traghettamento e speculazioni edilizie. Il silenzio, anche questa volta, è stato l’unico atto concreto. Buon viaggio, prefetto Francesco Alecci. (SARO VISICARO)