Si è svolta giorno 18 Ottobre nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca, la presentazione del libro di Amelia Crisantino, Breve storia della Sicilia- Le radici antiche dei problemi di oggi (edito da Di Girolamo Editore – Palermo, 2012), con il patrocinio del Comune di Messina.
Davanti ad un’aula gremita, dopo i saluti del commissario straordinario Luigi Croce, il quale ha riconosciuto all’autrice la straordinaria capacità di aver recuperato l’antica memoria della storia della Sicilia, il prof. Giuseppe Campione ha coordinato l’incontro arricchito anche dagli interventi di Girolamo Cotroneo, Micaela D’Angelo ed Antonio Saitta.
Il merito del libro della Crisantino è stato quello di aver, “brevemente”, raccontato la storia della Sicilia a primo sguardo immensa, non condensandola in classiche categorie cronologiche, ma incastonandola in un prezioso scrigno, arricchito anche da eventi poco conosciuti, del quale noi tutti siamo i custodi e dal quale emergono le radici e le ragioni della situazione contemporanea. Lo scopo, infatti, del testo è quello di capire l’oggi alla luce di ieri.
Breve storia della Siciliaè nato come libellum per gli studenti, dopo che la stessa Crisantino, a seguito della collaborazione con le pagine di “Repubblica” che è servita da “palestra”, ha avvertito l’esigenza di dare un senso al presente, che appare sempre più contraddittorio.
Oggi, secondo l’autrice, la Sicilia è ancora frontiera dell’Europa: basta vedere i “barconi” di immigrati che approdano sulle coste di Lampedusa, a fronte di un’economia che contemporaneamente ha toccato il fondo.
Il problema è che non ci si è resi conto che tali motivi esistono da sempre, e le responsabilità provengono dagli stessi siciliani, che, spesso, seguendo la gloriosa mitologia, relegano grandi colpe a fattori esterni.
La malattia endemica della Sicilia risiede nell’autonomismo del 1946, che nasce per proteggere le riforme del “Vento del Nord”, con il sovrapporsi di politica, amministrazione e mafia.
Nel suo libro si legge: «Nell’agire quotidiano l’autonomismo si traduce in un esercizio della cultura del privilegio, che miracola con alti stipendi e una pioggia di benefici tutti quelli che a vario titolo riescono a sistemarsi nella florida selva di enti e assessorati regionali».
Alla luce dei rapporti di scambio, di favori, prestiti, corruzione e mafia, oggi vivere in Sicilia è diventato eroico, tant’è che la stessa Crisantino conosce bene l’esigenza di molti giovani di fuggire da «una città sporca, nella mani di affaristi e trafficanti, senza piano regolatore e molto permeabile alla pressione», come scriveva La Torre su Palermo in un dossier del 1954 pubblicato su «L’Unità» dal titolo Corruzione e disordine amministrativo al Comune di Palermo; non a caso l’autrice dedica il libro al figlio Federico, che non vive più in Sicilia e che tanto desiderava un volume della storia della sua isola.
Girolamo Cotroneo, partendo dalla concezione crociana dell’esigenza etica che decreta un “vero” libro di storia, ha ritenuto che la ragione che ha spinto Amelia Crisantino alla sua trattazione sia stata quella di chiedersi i motivi della situazione presente, motivi che potevano essere spiegati soltanto capendo, ma non giustificando, il passato. Secondo Cotroneo «quello della Crisantino sembra un libro della storia dei siciliani», tanto che alla storia della Sicilia «concorrono diverse popolazioni esterne (arabi, normanni, svevi etc…) a renderla importante, mettendola al centro del Mediterraneo». Il processo che ha posto fine al “mito siciliano” e ha cambiato le sorti dell’isola stessa, è avvenuto nel XV secolo, momento in cui il mondo Occidentale si volge verso l’Atlantico, spostando il suo interesse a Nord. La Sicilia sembra, allora, cristallizzata in un tempo lontano, impossibilitata ad assorbire i caratteri politici e le innovazioni tecnologiche della svolta illuministica, rimanendo ancorata ad un certo tipo di feudalesimo e di potere baronale, incapace di far emergere una buona classe dirigente.Il filosofo ha fatto notare come l’autrice scriva assumendo un atteggiamento critico e severo, lontano da descrizioni gloriose, facendo sì che la colpa di problemi attuali non sia da ravvisare in cause esterne, ma sia determinata dagli stessi siciliani.
Micaela D’Angelo, nel suo intervento, concentra la sua attenzione sul tema della frontiera, rilevando come la Sicilia sia stata tale a partire dalla fondazione delle prime poleis greche, poi sotto l’impero romano come frontiera verso Sud, fino alla completa esaltazione di tale concetto nell’età moderna, in cui la Sicilia ha avuto la funzione di frontiera tra il Mediterraneo spagnolo e quello islamico. Ciò che, secondo l’interpretazione della D’Angelo, ha bloccato la storia della Sicilia è stato «l’emergere di una classe dominante che non è riuscita a diventare dirigente, abbandonando l’isola allo strapotere della classe baronale, che non ha impedito la nascita della classe media, cioè la borghesia».
Tuttavia, il privilegio del libro della Crisantino è stato quello di «non delegare la mafia alle ultime pagine, ma di renderla cifra costante della storia della Sicilia».
Antonio Saitta ha rilevato, infine, come la radice dei problemi della situazione sicula risieda nell’autonomismo isolano. «L’autonomia – dice Saitta – nasce da un’emergenza costituzionale di incertezza nel 1946, epoca in cui l’assetto istituzionale italiano non era ancora chiaro, dall’esigenza incalzante del separatismo». La nascita dello statuto speciale ha tutti i caratteri di un collegamento con la tradizione costituzionale ottocentesca. Bisognerebbe, dunque, ripensare i rapporti con lo Stato per una regione che non sia “speciale”, ma ordinaria a tutte le altre che formano il territorio italiano.
Amelia Crisantino, nativa di Monreale, è un insegnante di lettere e collabora all’edizione palermitana di “Repubblica”, come esperta di storia. Ha pubblicato diversi lavori sulla storia della Sicilia. è stata la prima autrice a inaugurare gli “E-book di Mediterranea” con Vita esemplare di Antonino Rappa, comandante dei Militi a cavallo in Sicilia e poi con Studii su la storia di Sicilia dalla metà del XVIII secolo al 1820, quest’ultimo inserito nella “Edizione nazionale delle opere e dei carteggi di Michele Amari”. (CLARISSA COMUNALE)